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lunedì 23 maggio 2011

Napoli, 7 settembre 1860

“Fermi! Fermi! Sono pazza solo per gioco!” dissi a mia madre e ai miei fratelli che mi tiravano per le maniche della giacchetta “Non ho mai visto gli uomini del Generale! Stavo solo raccontando ad Antonella una falsità, nulla che possa avvicinarsi al vero!”. Lei a quel punto mi lasciò e mi disse: “Quindi Concetta, tu non sai nulla di questo malsano progetto di unificazione del quale tutti parlano?”.
“Cara madre, vi direi una bugia se dicessi che non ne so nulla, ma conosco soltanto quei dettagli che le mie amiche mi hanno raccontato, quelli che sanno tutti. Un Generale partito da Genova con un manipolo di uomini che vuole unirci tutti in un unico stato, un pazzo progetto, una missione suicida.”
Anche i miei fratelli a quel punto mi lasciarono e mi sedetti su una sedia di paglia. Mia madre fece lo stesso. “Allora adesso dimmi Concetta, ti ricordi cosa ti ho spiegato riguardo alla particolare situazione di Napoli, oggi?”
“Certo madre, il nostro sovrano è partito con parte dell'esercito e visto che non sappiamo nulla di sicuro sul nostro domani è meglio non esprimerci mai contro il re poiché se dovesse tornare potremmo essere perseguitati come suoi nemici.”
“Brava, vedo che hai capito” disse congedandomi.

Io però la spedizione dei Mille l'avevo vista. Avevo visto addirittura lui, il Generale Garibaldi, in sella ad un bellissimo e maestoso cavallo bianco, con lo sguardo fiero. Tornando a casa per portare il latte mi ero fermata a parlare con alcuni uomini che si erano accampati a riposare. Mi avevano raccontato tutto, del fatto che avessero attraversato lo stretto di Messina e che stessero risalendo la penisola. La cosa che però più mi aveva colpito era la loro camicia rossa, simbolo di quella che loro chiamavano “repubblica”. Ma che cos'era questa “repubblica”? Uno di loro mi aveva detto: “repubblica è quando il re è il popolo che decide di se stesso”. Boh, io non è che subito avessi capito poi molto. Avevo sempre pensato che morto un re ci fosse sempre il suo successore. Quando oggi però mia madre mi aveva spiegato della sua repentina partenza avevo capito tutto. Questa repubblica mi piaceva molto. Sempre lo stesso fra i Mille mi aveva detto: “Questo pomeriggio alle 15.00 entreremo nella piazza centrale di Napoli, per un gesto simbolico, arriveranno anche Mazzini e Cattaneo. Dichiareremo il regno delle Due Sicilie annesso all'Italia.”

Proprio per questo stavo preparando la borsa, prendendo l'unico vestito rosso che possedevo, una vestaglia di lino. L'unico problema sarebbe stato evitare mia madre ormai molto sospettosa da quando la spia di mia sorella le aveva raccontato del mio incontro. Dovevo fare la disinvolta.

“Dove vai?” mi disse con fare inquisitorio.
“Vado a chiamare un'amica, le farò compagnia mentre lava i panni” - dissi senza battere ciglio.
“Ecco, visto che quindi vai al fiume, porta anche i nostri panni e lavali, credo che la borsa tu la stia portando proprio per questo motivo...”
“Va bene madre, ora li prendo”
“Mi raccomando, non portarli a casa fradici come l'ultima volta!” disse guardandomi storto
“Sarete servita” le dissi allontanandomi velocemente.

Appena fuori dalla porta riposi i panni dietro ad una pietra e correndo mi avvicinai alla piazza centrale. Ero in ritardo.

Nel frattempo mia madre, uscita a prendere una boccata d'aria incontrò un vicino che le disse: “Buon pomeriggio donna Ernestina, la sapete la novità?” e mia madre “No, zì Afrè, ditemi tutto”.
“Sembra che quel tale Garibaldi oggi si farà trovare in piazza per fare l'Italia”
Mia madre ripensò alla mia fretta nell'uscire di casa e capì. Ringraziato Alfredo chiamò i miei fratelli, chiedendo di cercarmi al fiume. Ovviamente non mi trovarono, ma trovarono le vesti che avevo riposto dietro la pietra.
A quel punto allora iniziarono a correre verso la piazza.

Fortunatamente io ero arrivata in orario, il Generale ancora non era arrivato. Molta gente era in attesa dell'entrata trionfale che avvenne proprio mentre io tiravo fuori dalla borsa la mia vestaglia, sventolandola. Erano tutti in festa, erano in molti a credere al sogno della repubblica. In quel momento ho sentito la forza di alcune mani tirarmi da dietro. Erano i miei fratelli. Mia madre se ne stava ad un angolo della piazza gridandomi “Vieni via, pazza! Disubbidire così a tua madre! Non sai in che disonore stai mettendo la nostra famiglia!” Tirata indietro da quella forza sovrumana, sventolavo ancora la mia vestaglia e gridavo a squarciagola: “EVVIVA L'ITALIA! EVVIVA LA REPUBBLICA!”

3 commenti:

  1. il Paja... è cosa pubblica,
    è la repubblica!

    la repubblica si fa
    il Paja c'è!

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  2. paja president, paja sociale.. ed ora pajajaja lo storico! quando escono le collane? escono con il manifesto a solo un euro?? vado subito dal giornalaio!

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  3. repubblichino d'altri tempi.
    un paja pre e post fascista.
    un paja rosso per l'eterno.
    il finale regala il pathos del sogno.
    della battaglia.

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