Penzolano dalla barba gocce condensate di birra , maledetto il freddo di questa città.
Perchè i senzatetto scegliessero proprio una città dall'ossatura così fredda, proprio non si capiva, loro che per le vie erano i padroni notturni, sarà quel suo cielo, quell'immensa sfera che copre ogni superficie alta, quelle nubi così rapide! nubi beffeggianti dei passi, che invece si scambiano così lenti.
Il suo nome se l'era scordato, nemmeno lo sapeva e poi nessuno lo chiamava per nome, ormai da più di 50 anni almeno, e la memoria non scavalcava gli anni d'infanzia ai quali il ricordo poteva attingere.
Si ricordava solo il suono del suo nome, era un suono corto e duro...sh.. beh poco importava, nessuno lo chiamava, chi ha interesse a pronunciare il nome di un clochard nudo di patrie?
Camminando tra i viali di Berlino, tiene lo sguardo basso per poter poi volgerlo di repente in alto, e giocare di nuovo con la velocità delle nubi. Si diverte, bimbo d'animo!
Conta sul terreno i numerosi tappi di birra incastrati nel cemento, reperti dell'alto stato alcolico di Belino, e li maledice: “ tutti questi tappi privi di bottiglie, dannazione!”.
Scruta ai bordi dei marciapiedi, ai piedi dei bidoni, tra i canali sotterranei della metro, vuoti di bottiglie che equivalgono a 8 centesimi cada uno.
Quando la giornata era fortunata e gli dei meno indifferenti e frivoli, riusciva a riempire il suo carrello della spesa quasi fino all'orlo, più di un centinaio di vuoti, quasi otto euro, benedizione.
Questa sera il bottino è esiguo, il carrello raggiunge solo i due quinti della capienza, niente bocconi freschi oggi, maledizione.
Cavalca a passo deciso il vialone verso kroizberg e le orecchie si inumidiscono di jazz. Il suono proviene da un club all'angolo che chiude il passaggio al viale. Si appresta rapido con lo sguardo dritto questa volta fregandosene dei tappi schiacciati al suolo.
Il naso infreddolito si appoggia alla vetrina, il jazz stringe le note, si alza d'intensità e la voce calda di una donna graffia mentre la batteria allegra sembra non risentirne.
Scorge un viso tratteggiato di spesse rughe e meraviglioso, il più luminoso di tutto il bar, del pianeta intero, la madonna! E' il viso di una vecchia, forse centenaria, forse preistorica, forse eterna, che lo sconvolge. Il nastrino nero legato ai pochi capelli secolari, le fessure degli occhi sottili e le labbra come morse stringevano una sigaretta.
Quella donna è dio, è aurea, è vita, è poesia.
Il jazz incalza di nuovo, il clochard non stacca la sua musa, la fissa nel cuore tra i reperti storici del sua animo. “ Donna senza tempo, donna del tempo, ora sei mia sposa”.
Il naso del clochard si stacca dalla vetrina d'umanità, e lo sguardo torna basso a contare i tappi, ora sono legato per sempre, pensa, quella donna mi ha in ostaggio.
Poco distante dal locale uno scultore peruviano di pochi centimetri d'altezza rappresentava il suo tempo attraverso una scultura di cemento, una barca con i personaggi della vita nel grembo. Tutti i visi diretti all' orizzonte, uno solo sembra titubante e timido, rappresenta la nostalgia,spiega. Ciro crea la sua arte a Berlino da prima della caduta del muro, e ha un'aria allegra, l'allegria della non realtà, ah poveri artisti! La DDR portava meno sventure!
Le sue opere sono alle sue spalle, in un atelier, al terzo piano di una casa occupata appesantita dai graffiti e da vetri di bottiglia agli angoli, sotto continua il jazz.
Gli stanno portando via il suo atelier, vogliono distruggere l'edificio per poterci fare un hotel a cinque stelle. Ciro sputa, una pata al culo al capitalismo de mierda! Figlio di Incas, gode della sua natura meticcia facendone follia, il nonno paterno Italiano si chiamava Ginocchio, ci ride sopra, e la nonna in linea materna era una sciamana africana, grande e larga madre d'africa.
Ciro voleva nascere storto e l'ha deciso fin dal principio lasciando uscire dal grembo materno prima i piedi e solo per ultima la testa. Si decide di vivere, non si nasce, puta la mierda! Brindiamo!
Si scende al bar dell'uomo con il capello nero, da scalette nascoste quasi volessero essere dimenticate, e così si arriva con pochi gradini alla tana dell'uomo del capello nero, che annuisce senza parlare, agli ordini di birre.
Ecco ancora gli occhi, palle immobili che sembrano capir tutto, tutto all'istante, col solo getto dello sguardo. Oste solitario, in quali turbini si arrotola la tua testa? La moquette sudicia ha le sembianze del cemento, le ragnatele sembrano far cornice ai quadri, gli sputi delle candele sui tavoli creano geometrie di cera rossa, e l'uomo dal cappello nero mangia le succose ghiande del suo pensiero.
Ed infine ecco lì, seduto al tavolo un normale ragazzo europeo, dai lineamenti gentili in esilio temporaneo nella sexy Berlino. Deposita la sua anima all'officina del fabbro più sapiente, il mondo. Casualità dei fatti, temibili circostanze! Racconta la sua storia dell'orecchino e della luna. Perde l' orecchino appeso al lobo, simboleggiante la luna. Amici di passaggio, gli insegnano che il ciclo lunare è al termine, e che presto Berlino sarà ancor più avida di freddo. Poi incontra lo sguardo caldo di un guru dalla guancia tatuata di luna e ritrova quello stesso sguardo tra un incrocio affollato di metro, e di nuovo la luna. Se di luna si tratta, il ragazzo sarà costretto ad essere schiavo del sole, ad essere il suo più armato nemico, ma a Berlino la luna è regina per più ore, mentre il sole se ne sta al lato, vittorioso di altri cieli.