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martedì 10 maggio 2011

Ci sono altre fermate prima della nostra?

Il sottoscritto racconto è frutto di collaborazioni che potrebbero rivelarsi amorose, nonchè da quattro mani e quattro alluci, che fanno capo a g. e a giulinoccioline.


-Partito.-.

Lui era partito. Ora aveva l’ufficializzazione confermativa della tecnologia di un messaggio di testo. Alla fine in una maniera o nell’altra sarebbe arrivato da Ella. Lui aveva aspettato il resoconto di mezzora vitale composta da chiacchiere e servigi di complicità: Paolo era il fiducioso e il fidato, l’ospitante di mondi non rappresentati di baldracche svestite su cubi irrequieti, ma di gentilezze nascoste e di umanità troppo spesso taciute. Paolo tifava Genoa ma andava a Milano dalla figlia Celìn, nata in incontri marocchini, figlia di non riconosciuti amori. Lui era contento. Era contento di lui stesso e di Paolo. Era salito in sella all’incognito alla volta dell’indefinito che aveva, almeno per quella volta, il nome di Ella. Lui era partito tra sorrisi di semplicità e stupore: lui aveva la naturalità di andarsene.

E di venire.

Bip- Bip. -Partito.- .

Il messaggio. Oddio..l’ha fatto davvero. Ho sonno. Tanta, forse troppa luce nella stanza. Ok. Un’oretta ancora e poi mi sveglio e provo a contattare il Paja.

Più informazioni uguale più tranquillità.

Per certo i suv non appartenevano alle preferenze dei mezzi motorizzati. Ma lui mai odiò i suv come in quel momento. Suv. Suv. Suv. Difendetevi dietro a quei maledetti finestrini neri! Comprate la sicurezza a suon di moneta! Incoraggiate l’insicurezza a furia di privatizzazione di anime! Perché negate il contatto? Perché? Perché? Perché il rifiuto della umanità?

E perché tutti poi in tangenziale ovest? Perché nessuno per Genova? Genova è bella! A Genova c’è il porto, il mare, l’acquario! Che cazzo c’è lungo la tangenziale ovest? Nebbie primaverili?

Lui ormai era privo; privo di spinte della fortuna, assente e aspettante di camion luminosi. Ma dov’erano questi camion? La meta di lui era palesemente offuscata, convito che se avesse varcato ciò avrebbe oltrepassato il punto di non ritorno.

Ma in questa enfatizzazione dell’oscuro, Ella dov’era? Era in fuga con camion rapiti? Ella era nascosta dentro quei miserevoli suv? In realtà lui era in preda a tentativi maldestri di ricongiungimento. Ella, giustamente, dovrà ancora tornare a casa.

Beh.. ormai dovrebbe essere già alla frontiera. Cazzo! E’ ancora a Milano!..lo sapevo che era una cazzata. Sua madre mi uccide...

...cinque ore. Ma dove sarà?

Ok. Calma. Aveva detto che si sarebbe fatto sentire arrivato al confine.

Sono le sette: in Spagna ci sarà il fuso orario? Dio che ansia...ok. Gli scrivo.

Non posso credere che sia ancora a Milano. Dodici ore: Dio non arriverà più. Ok. Ok. Ok. Calma. Ella calmati. Ragiona. E’ meglio che torni. Rischiare per nulla...e se succedesse qualcosa? Dio. Sembro mia madre!

Ahhhh basta!

Devo uscire.

A passi singhiozzanti lui avanzava. E si fermava.

Ora era in grotteschi luna park creati e ritoccati per adempiere all’esigenze represse di troppo-onesti camionisti: il paesaggio era un centro commerciale di puttane, pugni alcolici, droghe pesanti e goldoni andati a male. Lui era di fronte alla scomparsa della naturalità, spettatore del bilinguismo uomo-bestia, testimone della sempre eterna negazione dell’individuo a favore del gruppo. Lui decise che si sarebbe assentato. Avrebbe applicato una terapia all’incontrario dove il dominio era conquistato dall’assenza di movimenti superflui.

Dopotutto, il consiglio che veniva dall’84, “Al momento non si può far altro che estendere a poco a poco lo spazio dell’integrità mentale”.

Nel cuore della notte. Luogo di camionisti. Puttane. Luogo dei divertimenti.

Oddio, ci manca solo che per la disperazione vada con una prostituta!

Ok. Ella. E’ lui: non andrebbe mai con una troia. Domani guardo un treno bus aereo per andargli incontro. Questo pensiero lo consolerà.

Cazzo, io sono qui nel mio pietra letto. Mi sento impotente ..chissà come starà. Certo è una pazzia; ma io non sarei mai disposta a commetterla. Dove inizia il confine tra pazzia e coraggio? Ok. Sono le quattro. Ricomincia a dormire. Domani andrà meglio. La fortuna dovrà girare.

Okei. Lui aveva capito che il tempo è privo della dominazione; che la fretta dell’arrivo può diventare disperazione. Aveva capito che l’autopista è differente dall’autovia; che gl’italiani, spagnoli, francesi e portoghesi odiano i polacchi, i servi e i rumeni; che i polacchi e i serbi odiano i rumeni; che i rumeni odiano parte di loro stessi rumeni. Aveva capito che solo i camion con il carico frigo erano esenti da restrizioni giornaliere o settimanali di ore e tratte di percorrenza. Aveva capito che l’immobilismo non è uno stato lirico. Lui aveva capito che, in quel caso, l’autostop poteva diventare autobus.

Sonno. Telefono. Oddio è lui. Cosa? Come? Chiamata troppo veloce. Voce debole e poi speranze. Stanchezza. Ma chi cazzo gliel’ha fatto fare. Porca troia. Ok. Ella. Subito! Alzati! Colazione e computer. No no no...sono le otto. Ancora un’ oretta e poi..

Zaragoza Madrid Lisboa: 50 euro. Ore 14.54. Coincidenze che forse non ci sono. Dalla cartina non sembra tanto distante. Cazzo mi sento un hacker! Mappe kilometri metri e percorsi. Quando si dice che il computer aiuta...

Bip-Bip.

Il messaggio arriva. Ma solo a metà. Lui dice: “Ok. Stiamo calmi.”

E poi? E poi che cosa? Perché dobbiamo stare calmi? Che succede? Ok, Ella. Pazienza . Adesso arriverà anche la seconda parte.

Dio! L’ha preso! Ha preso quel fottuto bus. Devo solo scoprire il nome del buon uomo che ha inseguito l’autobus e inviargli un cesto di fiori. No. Ok. Un grazie molto sentito telepatico basterà. In fondo son ancora una studentessa!

Ora posso stare tranquilla. A meno che il bus non venga rapinato o assaltato..ma per fortuna non siamo nel sud America. Posso rilassarmi. Congiuntivite di merda! Proprio questa settimana! 6.30 domani. Domani.

Domani.

Che ansia nuova, differente, quasi piacevole. Migliore sicuramente.

E sorriso. Ebete.

Lui entra nella meta. Il destino è parte del campo del tangibile.

Ella sogna un incontro dettato dall’incongruenza del sogno.

La bocca dell’infante s’accinge al capezzolo di una madre per troppo tempo svogliata.

Ella scende le scale e pensa che non sarebbe stata abbastanza bella. Ma poi pensa che sono le sette del mattino e lui non si lavava da tre giorni.

Lui trova il profumo di brioches bagnate da albe quanto mai immediate.

Lui trova Ella.

Ella incontra lui.

La fermata era la nostra. Con la domanda:

“Scusa dov’hai parcheggiato il camion?”

5 commenti:

  1. Bello! E se è proprio vero, che la realtà è molto più strana della fiction, voglio proprio sentire tutta la parte fino a Zaragoza nel dettaglio!
    Complimenti ad entrambi (ma mi dispiace per g. ma il punto va a Giulia, come al solito con i racconti a più mani :D)

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  2. evviva l'amor!

    hahahhaha grandi!!!!!

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  3. Che emozioneeeeeeee...sono stata entrambi per tre minuti e 15 secondi. Ma intensamente! VVB:)

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  4. Bello davvero. G non andrebbe mai a troie, ma a Libona in autostop si. Di quanti si potrebbe dire il contrario!

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  5. molto molto molto molto molto
    vivo
    e bravi i quattro alluci|

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