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mercoledì 11 maggio 2011

cioccolata calda

Odio fare il cambio degli armadi, metti via i cappotti quando c'è troppo caldo anche solo per tenerli in mano e nel tirare fuori i pantaloncini corti ti viene l'ansia perché non sai quando troverai il tempo per usarli. Poi nel sistemarli metti la mano in una tasca e trovi un cioccolatino sciolto e prima di poterti arrabbiare parte il ricordo:
Era un tram di quelli tipici da foto in bianco e nero anni '40.
Uno di quelli che ti immagini sfuocato dietro a due bambini col bastone e il cerchio o con un uomo ben vestito che aspetta alla sua fermata vicino ad un lampione sfuocato e freddo. Ti sembra di poter vedere ancora i gradini rigati usati per scrollare la neve dalle scarpe e per un attimo pensi a quanti cappotti inumiditi dalla nebbia si possano essere sfregati tra di loro nelle fredde mattine invernali.
Le vetrate sono opache e sporche ai bordi, con le finestre di legno chiaro e le sedie lungo il fianco, per metà rivolte verso lo stesso lato e per metà verso il centro. Questo aspetto lo ricordo particolarmente bene perchè mi sono sempre chiesto se sia meglio sentirsi completamente vuoti e liberi rischiando di dover incrociare lo sguardo dell'altro, o sentirsi protetti sedendosi in stile pulman potendo però guardare solo i capelli di quello davanti.
Se ti sporgevi un po' per guardare sotto le panche potevi vedere fogli di giornale, polvere e terra e potevi immaginarteli saltellare rapidi e disordinati al proseguire del viaggio. Il profumo non si sentiva più bene, o meglio non si sapeva riconoscere con precisione. Forse in passato qualche anziana signora doveva essersi accorta di aver rotto la sua boccetta da borsa perchè ancora adesso si sentiva un lontano sapore di glicine e naftalina, ma dovevi impegnarti molto per isolarlo da quello di erba e pioggia. Da fuori potevi vedere che il suo numero doveva essere il 32 ma non si poteva più riconoscere quale fosse il luogo di destinazione.
Era così semplice e classico nel suo modo di presentarsi che non ti pareva possibile che potesse contenere un momento così particolare. Anche adesso mentre sto scrivendo io stesso me lo immagino lento e fragile che prosegue goffamente lungo un viale di Milano o Torino inoltrandosi nella nebbia mattutina.
E invece era lì, solo e inspiegabilmente abbandonato in mezzo ad un enorme campo di papaveri a scintillare sotto il sole di metà luglio.

Passeggiavo da solo lungo la strada di campagna con la maglietta in mano e i pantaloni corti e anche se il sole batteva forte sulle mie braccia e l'aria calda mi spingeva a riposarmi un paio d'ore non potei evitare di fermarmi ad osservarlo da lontano, per poi decidere di inoltrarmi in mezzo ai fiori e alle spighe per capire cosa fosse davvero. Da prima camminai lento e in parte spaventato, poi iniziai ad accelerare e a correre verso di lui con il sudore che mi appannava la vista e il riflesso che muoveva tutto come se fosse dentro ad una bottiglia di vetro piena d'acqua. Quando arrivai davanti mi fermai un secondo e vidi una persona dentro. Stavo per scappare ma quell'immagine non era spaventosa, anzi era immobile e tranquilla e decisi di avvicinarmi, misi dentro la testa la vidi. Era lì, piccola, magra e vestita con un abito a fiori lungo fino a metà gamba con una camicetta bianca dalle maniche a sbuffo. Anziana. In testa aveva un cappellino di quelli piatti con un fiorellino di lato e si appoggiava elegante e dritta sul suo ombrellino di pizzo ormai ingiallito dal tempo. Lei mi vide ma non si spaventò, cercai di dimostrarle lo stesso e avvicinandomi le chiesi: “Signora tutto bene? Posso aiutarla? Cosa ci fa qui dentro con tutto questo caldo?” Lei si girò e con aria educata e gentile mi disse, “Certo giovanotto, tutto bene, sto solo aspettando la mia fermata, sa per caso quanto manca a via San Paolo?” Io rimasi completamente sbigottito, non sapevo cosa dire, era tutto così assurdo da non sembrare minimamente reale. Mi avvicinai ancora un po' e balbettando le dissi “Si-signora ma...io non so neppure come sia possibile..so solo che al momento ci troviamo in mezzo ad un campo, dentro ad un tram e non ci stiamo muovendo...dove deve andare? È sola? Dove abita? Credo di star impazzendo…” Lei sorrise e mi disse, “Eh eh quante domande, mia mamma mi ha sempre messo all'erta dalle persone incontrate sul tram, e mi ha sempre detto di non parlaci...ma il mio piccolo cagnolino qui è stanco,vede? Non posso rischiare di sbagliare fermata e farlo camminare! Allora sa dirmi se ci sono altre fermate prima della nostra? Scende anche lei lì? Sa aiutarmi?” Io ero ancora più confuso, osservai tutti i posti vicini e non vidi nessun cane, mi sedetti di fronte a lei e le risposi semplicemente di no…poi mi misi la testa tra le mani, chiusi gli occhi e senza sapere bene a cosa provai a pensare. Qui lei si alzò, mi appoggiò qualcosa sulla gamba e mi disse: “Tenga giovanotto, in effetti sono io che dovrei chiederle come sta, la vedo un po' giù! Sono la figlia del cioccolatiere di via San Paolo, la conosce? Mangi quanto cioccolatino e si tiri un po' su, quando arriveremo poi gliene darò altri!” Lo presi in mano, guardai la carta marroncina con le rifiniture oro e lessi la scritta “Antica Cioccolateria Pisi”. Per un attimo mi sentii di nuovo in quel viale anni ‘40, vidi i cappotti lunghi dei signori eleganti ricoperti di piccole goccioline di pioggia, nonostante il caldo infernale mi parve di sentire lo spiffero entrare dal finestrino socchiuso e l'odore del muschio cresciuto tra i sedili si trasformò in neve e fango. Riuscii quasi a sentire freddo e a desiderare di entrare in quella Cioccolateria e scaldarmi le mani attorno ad una tazza.
I pensieri si stavano adeguando all'assurdità della situazione quando ci fù un suono che mi riportò dov'ero. Qualcuno gridava nel campo e poco dopo potei riconoscere le parole “Signora Pisi? Signora Pisi dov'è finita??”
Neppure il tempo di uscire a guardare e entrarono due uomini sudati con una divisa da verde addosso, “Signora Pisi ancora qui? L'abbiamo cercata per tutto il campo, guardi che è arrivata, è questa la sua fermata!” Lei si girò sorridendo: “Siamo già in via San Paolo? Oh che bello non si arrivava più oggi, datemi una mano a scendere ragazzi, e attenti al mio cagnolino!” Vidi i due ragazzi prenderla per un braccio, uno da una parte e uno dall'altra, poi uno dei due si girò verso di me e mi disse “E lei? Cosa ci fai qui? Si sei perso? Guardi che è proprietà privata dell'ospedale” Indicò verso destra.. mi girai, vidi l'edificio in fondo al campo e quasi deluso dalla spiegazione capii. Chiesi scusa e me ne andai confuso, più dal pensiero di aver creduto di poter diventare pazzo che dal caldo e dalla situazione. Ripresi a camminare ma non prima che lei si girasse dicendomi: “Riprenditi ragazzo e vieni a trovarci in Cioccolateria!”. Mi regalo’ un sorriso, i due ragazzi alzarono gli occhi al cielo ed io scusandomi ritornai sulla mia strada, misi il cioccolatino in tasca e lì lo dimenticai...

2 commenti:

  1. melanconico e dolce, brava cate.la struttura narrativa è una buona conduttrice. Chi di noi non ha un ricordo che non riesce a staccarsi dalla pelle? Amo i ricordi, per di più i riccordi delle veccchiette. Ri brava cate.

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  2. mi ha ricordato il magic bus di supertramp.....

    oggi mi si sono sciolti due cioccolatini nel borsello cavolo.....:D

    alla faccia che non ciavevi idee...

    grande Cate!!!

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