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martedì 19 luglio 2011

2. INVIDIA PENIS

Perché non è un cuore di cane.

Lucia avrebbe voluto nascere maschio, avere un pisello in mezzo alle gambe, invece no.

Era un pensiero che l’accompagnava un po’ da sempre, un rigetto per angherie e disparità rispetto a fratelli, compagni, colleghi di lavoro che si traduceva sempre in una reazione mimetica, per lei che era così ambiziosa. Sì, incorporare il potere maschile, che tanto la schifava quanto l’allettava, l’avrebbe desiderato ben oltre il senso metaforico. L’avrebbe voluto per sé. “Io, lo userei molto meglio..”. Concupiva un’assimilazione androfagica… Aveva desiderato più volte avere un pene, se l’era immaginato là in basso, gonfiare dei jeans retti da una virile cintura D&G. Così, sarebbe potuta arrivare ovunque n quel mare popolato di squali che era il suo lavoro. E invece no.

Adesso si ritrovava un uccello spuntare dal suo ventre. Sì, di quelli pennuti e variopinti. Che sbatteva le ali e la fissava con due occhi sbarrati e lucidi come le semisfere di vetro nero che si incollano sul muso dei peluche. Fuoriusciva dalla fine del suo bacino ed ora che Lucia stava spaparanzata sul suo divano s’azzardava perfino ad alzare il capino e, girando la testa a piccoli scatti verso destra e verso sinistra, squittire un fastidioso “Cooocorito!” nel silenzio della stanza.

Quando aveva espresso quel pensiero sotto forma di desiderio non avrebbe mai immaginato uno sviluppo del genere. Si era lanciata in una sorta di giocoso delirio, solo per reagire all’ultima preferenza del suo capo per il lecchino impomatato che assiste lo strategic planner della sua agenzia in una maniera meno distruttiva dell’insulto sfrenato, dello sfracassare il suo Mac o dello scoppiare in lacrime rabbiose. Era stato solo uno scherzo suggerito malignamente dalla vista della vecchia lampada arabeggiante posta con cura su un ripiano della libreria.

La storia che il venditore di cianfrusaglie in un brocante di Parigi le aveva raccontato le era parsa un po’ strana ma divertente, da quel misto di francese maghrebino e parole inusuali lei aveva ritenuto solo una serie di luoghi comuni su lampade magiche e desideri che immaginava si raccontassero ai turisti allocchi, ma a lei quella lampada piaceva e il venditore si era lasciato convincere a trattare il prezzo.

Era stato solo un gioco e il giorno dopo se ne era subito dimenticata, di nuovo immersa in un altro progetto per dimostrare quanto lei valesse nonostante la sua Pms (N.d.A. Sindrome pre-mestruale). Non era successo nulla. Nessun Genio, nessuna vocina da dentro la lampada, nessuna nuvoletta di fumo viola. Niente. Solo una settimana più tardi quei dolori al ventre, quei crampi inspiegabili che l’avevano inquietata non poco. Qualche farmaco generico sembrava aver calmato più la coscienza del suo medico generalista che il suo stato, ma poi nel giro di qualche giorno erano diminuiti fino a sparire da soli.

Finché era comparso. Una piccola protuberanza alla fine del suo ventre, che poco alla volta era cresciuta.

Era diventata pazza, presa dal terrore aveva guardato giorno dopo giorno questa ‘cosa’ ingrandirsi senza capire cosa le stesse succedendo e senza il coraggio di parlarne con nessuno, poi una lucetta nella mente le si era illuminata e aveva intuito. “No…ma vuoi che..?...Oddio, ma quindi..quindi…” La lampada. Sì, doveva essere stata la lampada, perciò quella storia dei desideri…era vera! Oddio, le stava crescendo un pene!! Quindi…si stava trasformando in un uomo? Oppure no, le stava solo crescendo e si sarebbe ritrovata ad essere uno di quei casi assurdi di persone con due sessi? Calma, si era detta, bisogna vedere. Certo cheee…le stava crescendo un pene. Scoppiò in lacrime e si chiese che razza di uomo avrebbe potuto essere. Non trovò una risposta. Oscillava con un certo stoico equilibrio tra fasi di crisi ed esaltazione totale: sì, la lampada stava esaudendo il suo desiderio no?, quindi con ogni probabilità stava finalmente diventando maschio, come aveva sempre desiderato.

Poi, qualcosa continuò a succedere. Qualcosa che non tornava. Due piccole protuberanze erano spuntate ai lati, e delle sottili punte coriacee avevano ricoperto la superficie dell’escrescenza. Era stato orribile. Si era rinchiusa in un mutismo attonito, senza il coraggio di scostare il lenzuolo per non dover vedere il suo bell’abbozzo di pene trasformato in un obbrobrio senza senso, e terribilmente disgustoso. No, qualcosa non andava, qualcosa proprio non andava! Aveva passato in rassegna più volte l’anatomia androgina ma non le tornava proprio in cosa avrebbero potuto evolvere quelle protuberanze e quelle punte.

Poi una mattina l’aveva trovato. Lì, tra le lenzuola l’aveva visto. O meglio, l’aveva sentito. L’aveva svegliata un cinguettio sgraziato e insistente: al posto dell’escrescenza, nel suo basso ventre si trovava un uccello implume.

Solo molti svenimenti, deliri e svariati ansiolitici dopo era tornata abbastanza lucida da capire cos’era successo. Tanto era infuriata e alticcia quella sera, che doveva aver pronunciato il suo desiderio con una certa sboccataggine. E quella ambigua approssimazione l’aveva pagata cara. Adesso era proprio un uccello, quello che si ritrovava fra le gambe.

Si era precipitata a rotta di collo sulla lampada, strofinandola ed esprimendo un contro-desiderio per porre fine a quella situazione pippovespiana, ma nulla, non aveva funzionato. ‘One desire only’, seguiva ad una indecifrabile scritta in arabo impressa sotto la lampada, azz…!! Aveva un uccello e doveva tenerselo. Ma cosa doveva farsene? Quel tipo d’uccello non poteva certo nasconderlo in un paio di pantaloni…

E mentre spendeva giorni inquieti in casa in cinguettante compagnia, quello cresceva e cresceva. Un canarino. Poi un fringuello. Infine un pappagallino cocorito che se ne stava zitto solo al buio della sua gonna. Aveva già imparato a gracchiare qualche parola, perfino!

E dove sarebbero arrivati di questo passo? Sarebbero…già, stava cominciando a parlare al plurale… Ormai la presenza di Lollo era qualcosa di naturale nella sua vita. Gliel’aveva dato due settimane prima, il nome…quando era un fringuello, le piaceva il canto di quell’uccello. A ben pensarci non aveva mai avuto un animale domestico. E a pensare ancora meglio, non aveva mai desiderato la compagnia intima di alcun essere vivente. Non c’era il tempo, troppi disagi.

Lollo la guardò col suo capino, puntando su di lei gli occhietti vetrati. “Cooocorito-Lollo!”

Lucia si trovò a sorridere maternalmente senza accorgersene. In fondo quella tenera creaturina era proprio simpatica.

4 commenti:

  1. Ho cambiato la frase del finale...Verrò ammonita?!? :)

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  2. lo leggo di nuovo e m'accorgo che è ancora meglio, c'è un sottile richiamo a quanto stupida e' la società...

    non basta un uccello, non basta un desiderio, non basta il lavoro, ma alla fine in una situazione assurda la Lucia non è più sola,
    che il pene sia un arpione incompleto?:D

    dopo questa domanda esistenziale non possoche dire:


    mitica Sil...Ma(h)!

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. ..o che alla fine la mamma è il più bel lavoro del mondo? O che un fringuello non fa primavera?:) Ahah, neppure io saprei azzardarmi è uscito così un po' alla volta questo racconto...con sacco di domande e nessuna risposta!

    Certo che in effetti, quello che è incompleto va completato....e il gusto è tutto nel cercare quel qualcosa no?

    Grazie del supporting-funny-message PV!! :D ...è sempre un piacere..!

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