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sabato 25 settembre 2010

sulla strada

Appena ripreso i sensi si accorse di non riconoscere il luogo in cui si trovava.

Era un usanza che gli si presentava spesso, sopratutto tutte quelle volte che esagerava con i bicchieri di vino. La testa ronzava. Scricchiolò le spalle, sistemò le membra, apri le palpebre. No, quel luogo proprio non lo conosceva. Tutto normale.

Si era sempre considerato un apolide, aveva noleggiato parecchi cieli e camminato per diversi marciapiedi, nessuna dimora fissa, né il buon giorno della mamma, né le stesse lenzuola. Lui era fatto cosi, abbandonava ogni posto prima di potercisi affezionare.

Si chiedeva spesso dell'esito della sua vita vagabonda, quanto ancora il suo essere cane randagio l'avrebbe soddisfatto.

Amava il viaggio per godere di un continuo e piacevole solletico al cervello, per poter accumulare nella sua memoria più visi possibili, più raggi, più movimenti.

Girava con uno zaino consunto, delle buone scarpe da camminatore, con una decina di libri ( l'unico peso che riteneva lecito da sostenere), con il pollice alzato e non sentiva nessun tipo di appartenenza, se non quella al suo mondo, ai suoi pensieri.

Aveva percorso più tratte, e si considerava giovane e fortunato da poter progettare altri passi.

Aveva perso completamente la dimensione temporale, e non era nemmeno cosi bravo da leggere l'altezza del sole, ma sapeva che a qualsiasi ora del risveglio si sarebbe posizionato sulla strada.

Si trovava il palato secco .Scemo: non si preoccupava delle conseguenze dell'alcol, ma solo dei suoi benefici.

Succhiò con avidità le ultime gocce della borraccia, e si chiedeva quando Dio gli avrebbe fatto incontrare una fontana.

Rise. Rise per non sentirsi ancora più solo.

Caricò lo zaino, premette i polpacci al suolo, scrollò i capelli dagli occhi, e rise di nuovo.

Era ancora sulla strada, il suo territorio.

Non si era mai davvero chiesto delle ragioni della sua partenza, il suo vecchio gli disse che un giorno l'avrebbe sentita cosi provenire da dentro, senza un razionale bilanciamento di interessi.

Non aveva particolari rancori contro la società che i suoi genitori gli avevano presentato come pacchetto regalo alla nascita, non sbandierava cartelloni alla ricerca di riconoscimenti o rivendicazioni, non rigurgitava asili politici. Era solo un apolide che non riusciva ad infilarsi con facilità nei ripetuti discorsi della sua ormai vecchia quotidianità .

Era per di più silenzioso: amava le parole e le sceglieva con una cura quasi ossessiva. Generalmente non sbrodolava ideali da bancarelle.

Definiva la sua libertà come quella di un cane randagio, nessun collare, nessun padrone.

A volte la sua solitudine gli faceva brutti scherzi. La carezza era umana, la cura di anime era umana, Lui era umano, perciò spesso piangeva. Nella stessa misura in cui rideva, sempre per sentirsi meno solo.

Spesso incontrava il calore umano, lo leccava nei sorrisi delle persone che popolavano le strade, lo raccoglieva tra i suoni del vento, lo prendeva in affitto tra gli sguardi.

E poi c'era sempre il sole, che a momenti alterni gli baciava il viso o gli scaldava le spalle.

Era sempre stato un gran esperto nel raccogliere il più possibile emozioni sulla strada.

Era innamorato degli sbalzi della sua vita e dell'interruzione di ogni ragionevole previsione.

Gli incontri che viveva balzavano improvvisi , e viveva numerosi racconti di queste persone che lo raccoglievano in macchine scassate e in camion rumorosi, come se lui fosse segno.

Le persone che si fermavano spesso erano timorose ( le storie lugubri di un autostoppista che deruba e massacra il povero samaritano erano risapute) ma poi la curiosità e il buon cuore prevalevano, e cosi alla fine del passaggio sembravano avere i visi più distesi, felici della loro buona azione. La maggior parte dicevano che chi da amore riceverà amore.

Per di più persone semplici: braccianti abbronzati, operai odoranti di tabacco, macchinisti stanchi, pescatori silenziosi, qualche famiglia allegra e qualche gruppo di ragazzi curiosi. Tutti con immensa voglia di raccontare e di essere ascoltati. Nessuna domanda gli veniva rivolta.

Mai persone ricche: il denaro è la protezione di coloro che hanno paura di ciò che non conoscono. Almeno queste era una della sue conclusioni.

Avrebbero potuto definirlo il miglior sociologo dei suoi tempi, perchè Lui le persone le ascoltava e le toccava. Nella preparazione alla carriera politica, pensava, si dovrebbe imporre un anno di autostop, cosi i politici avrebbero potuto conoscere i loro datori di lavoro.

Sapeva che un giorno si sarebbe fermato, tutti hanno il diritto di riposare, ma gli sarebbe piaciuto riposare dentro una persona, per continuare con lei il suo movimento.

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