L'incipit della settimana

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lunedì 27 settembre 2010

L' atto è creativo

Io sono giovane. Io sono bello. Io ho tutto. Meglio, avevo tutto. Ero possidente di un regno che non aveva confini, dove i lama e le mucche facevano all’amore con la stessa frequenza con cui brucavano i cespugli dell’infiniti prati d’erba; dove i leoni e le gazzelle si schizzavano l’acqua degl’innumerevoli corsi con la semplicità e la naturalezza di un bebè che cerca il capezzolo materno. Il mio regno non aveva insegne e/o stendardi, né tantomeno eserciti dalle lunghe lance o baionette veloci o devastanti mortai o ingiusti droidi: i sostantivi guerra, male, violenza, schiavitù non risiedevano tra le pagine del dizionario del mio regno. La condivisione e la complicità di ogni essere soccombeva alla condivisione e complicità di ogni essere. Io dominavo decidevo perché ero il primo, il bello, l’eletto fondatore del regno.

Le giornate scorrevano. Gl’anni pure; i secoli con loro. Ed io rimanevo giovane bello e possessore di tutto. Le uniche gioie erano erette da orgasmi plurimi forniti e elargiti dalla mia signora che mi fu sempre accanto, fin dall’inizio. Perché , probabilmente paritetica di me, era la prima, era la bella, era la giovane. Purtroppo o per fortuna gl’orgasmi rubati alle membra di un'unica donna non vanno a riempire il vuoto di un’esistenza eterna: di fronte alla noia immortale io, giovane e bello, non avevo né alfieri né torri né regine da muovere contro. Insomma non ero armato a combattere la noia: non avevo puttane da accarezzare, droghe per anestetizzare un non essere innato, genti o popoli da conquistare perché tutto ciò che esisteva m’apparteneva. Ero eterno e solo. E solo nell’intento e nell’azione m’annoiavo di parole argute, di nullità ostentatamente felici, di una perfezione costruita, dettata, premasticata. L’insolvenza è parte del vizio, ma del vizio io non ero a conoscenza, completamente ignaro che esso potesse in qualsivoglia modo sopperire ad una nudità stufante.

Un tempo tutto era così. Ma il tempo non vuole eleggere il rimpianto a protagonista: è il ricordo che recita la parte di unico ruolo principale: il ricordo di quel giorno in cui decisi di abdicare in favore della spietatezza dell’egoismo e dell’ingiustizia:

Lei era di una bellezza senza nome, era di una nudità accecante, di un’eleganza floreale. Per ciò, in quel giorno, in quel ricordo, decisi di morire e vivere per lei. Lei era Eva. Ed io gustai e godei della mela mortale che m’offrì.

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