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venerdì 10 settembre 2010

MI RICORDO DI TE, ZIO

Ancora intorpidito dal sonno si diresse verso la porta di casa, curioso di sapere chi potesse essere a quell'ora del mattino. Erano le cinque. In quel momento niente era molto chiaro, c'era scuro e freddo, e non c'era ancora un briciolo di luce. Non era mai stato bravo a riconoscere le persone dall'odore. Ma quella mattina gli toccò. L'odore che da sempre lo aveva accompagnato nelle vie sue familiari, l'odore di Zio Francesco. Zio Francesco entrò in casa senza un permesso esplicito, ma l'odore di spezie smentiva ogni dubbio e paura che potesse essere un ladro. Dagli odori riconosciamo i nostri vicini di banco, le case dei nostri amici, i nostri compagni, le nostre madri, e così lui fece.
Romeo appena ripreso dall'inaspettata sorpresa iniziò una densa conversazione con lo Zio. Alle cinque del mattino si fanno le meglio conversazioni, c'è lucidità abbastanza per creare pensieri, e i pensieri che ne escono sono fluidi e puliti, senza la pesantezza della giornata passata, e ancora non c'è la consapevolezza del nostro io sulla Terra, ancora siamo nel torpore della nostra sempre giovane età sentimentale.
Le parole erano sussurrate, per la paura di svegliare i vicini di casa, cosicchè la conversazione si faceva molto più intima. Non si può descrivere quanta felicità aveva in corpo Romeo per quella sorpresa. Lo Zio era sempre stato il suo parente preferito, persino preferito a suo padre. E niente poteva descrivere la sensazione di familiarità che ti da un semplice odore, quel profumo di pane e spezie che aveva sempre accompagnato lo Zio, fino alla sua veneranda età di 75 anni. Fare il pane allora era un arte, e Francesco ne era ben capace. Romeo sentiva di essere un privilegiato. Non lo era, ma lui lo sentiva. A una certa età, c'è chi prima e chi dopo, ci si accorge di provare sensazioni ancora come ai primordi della vita. Lo stesso odore che aveva lo Zio allora, lo aveva quella mattina, li in quella penombra e in quel silenzio sereno.
Romeo chiese allo zio se aveva voglia di qualcosa, di qualche infuso caldo o di pane abbrustolito e marmellata all'arancia amara. Questo è quello che aveva nella credenza e che più preferiva offrire alle persone. Lo Zio prese un po' di marmellata con una fetta di pane caldo. Fu difficile scaldare quel pane, era nel mobiletto nella parte più al buio della stanza, e il fornello a gas faceva brutti scherzi se non ci sapevi ben fare con l'accendino.
La marmellata amara, è come un iniziazione, se ti piace apprezzerai poi tutti i piaceri della vita che non sono quelli già conosciuti dalle altre persone. Te l'aspetti dolce dal colore, ma invece è amara, e all'inizio la odi, non sopporti quel suo gusto amaro strafottente, e il passo successivo la ami. Ti amo marmellata amara, sei la rappresentazione delle amarezze della vita che possono essere sconfitte, facendole nostre.
Dopo la colazione lo Zio racconta di sé come un tempo. Promuove la sua attività artigianale, la eleva a arte sublime e denigra poi quelli che la denigrano per la sua scarsa capacità di innovarsi. Ma cosa avrà mai da innovare ciò che se non è semplicità si rovina?Silenzio.
Lo zio intona una poesia:
“Il tempo è duro quando non ha significato,
correvo con il cuore in gola per cercare il niente,
avevo freddo quando c'era caldo,
sapevo sollevarmi all'occorrenza,
sapevo ascoltare all'occorrenza,
mangiavo lunedi, e vomitavo lunedì,
perchè vai dove c'è il cibo caldo,
dove sono finite le notti folli,
hai ancora tutto in disordine?
Non sono sentimentale ed ho riordinato tutto.
Tu sei il mio muro,
ci scrivo sopra le parole d'affetto,
le porte sono tutte chiuse,
chiudo gli occhi e apro gli occhi,
illuditi, incantati, non sottometterti,
incantati,
il mio respiro è di speranza, non di sapienza,
il mio stomaco prude,
sto uccidendo la polvere,
mi perdo in chi mi legge dentro,
il bosco parla confessandosi con le stelle,
perderai ciò che hai di più caro al mondo,
e la terra sorregge chiunque,
dimeno la mia bacchetta,
copro le mie cicatrici d'erba,
non raccontate niente a nessuno,
se lo fate poi gli mancherò,
scaraventatemi un sacchetto dell'immondizia sulla pancia,
bisogna dire certe cose,
dopo che ho sforzato gli zigomi per sorridere,
ho sempre tensione dell'anima verso di te,
uso un ascia per il mio ghiaccio,
le biblioteche raccontano storie vere,
ho perso me perdendo il mio libro,
inizia a parlare,
ti dirò quello che vedrò,
non vedrai quello che ho già visto,
nessuno è genio nel rubare le anime,
il solitario sulle rive del mare è genio dei cuori,
senso che un aggettivo non può descrivere,
il coraggio della mia infanzia che spira da angoli diversi.
Ma i sogni non sono stupidi quando li immagini,
non sono idioti quando li pensi,
oh dolce tesoro,
sappilo,
può darsi che la serratura non sia più la stessa,
ora la tua casa non è più questa. “

Lo Zio aveva scosso Romeo, alla sua veneranda età nessuno gli aveva mai dedicato una poesia, nessuno dedica poesie, nessuno parla col cuore e la delicatezza delle parole insieme, già, perchè farlo è un arte, e l'arte non si impara. Vennero le 7 del mattino, i rumori e le luci iniziavano il loro ciclo giornaliero, non aveva nessuna più nessuna ragione di esistere una bellezza del genere in quel caos universale. Lo Zio saluta Romeo, e sbattendo la porta per fare ancora più rumore, se ne và.

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