L'incipit della settimana

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venerdì 10 settembre 2010

L' uomo è calvo.

Ancora intorpidito dal sonno si diresse verso la porta di casa, curioso di sapere chi potesse essere a quell'ora del mattino. Pensò. Di sicuro la mano che toccò il campanello non era stata quella di cappuccetto rosso, che, abituata alle maniere rudi di mastri boscaioli avrebbe picchiato la porta con colpi decisi e delicati. No no. Aspetta un momento. Potrebbe essere che l’oramai trecento cinquantenne Cappuccetto rosso si fosse tecnolocizzata traviata da follie fiabesche trash- imperialiste e ,col bastone ereditato dalla povera divorata nonnina, avesse pigiato l’apparecchio elettrico etichettato Renzo Brivio. Bestemmiò, cappuccetto rosso o meno. Certamente l’eterna bambina pre marxista dai boschetti e dagli spaccalegna di bestemmie ne ha sentite a iosa. Il piede, privo di armature inclini all’oblio dell’olezzo, s’era letteralmente incagliato nell’angolo sud est del mobile d’entrata. La sensazione non era definita o specificata, sapeva di dolore misto fastidio psicologico per la disattenzione compiuta (niente a che vedere con i gusti papabili e netti di fragola e limone). Sta di fatto che la visione della trasformazione cromatica del lembo di pelle ubicato tra alluce e indice cagionò un’altra bestemmia. Da meno di due minuti i suoi piedi scalzi calpestavano le piastrelle di cotto del suo bilocale ed era già a quota 3, di bestemmie. Un cane e due porci. Il cane era partito imbizzarrito al richiamo del suono elettrico del drin drin irrispettoso dell’innocenza sonnolenta mattutina (cercò di non pensare al fatto che era il suo unico giorno libero settimanale..se no altro che un cane imbizzarrito..avrebbe mandato l’intera fauna steppica alle porte del paradiso); mentre i due porci grugnivano al lato del piede leggermente lesionato. Era conscio di avere un modo, tipico e proprio del padano,tutto epiteti di rivolgersi alle santità ultraterrene, ma si sorprese pur lui di concentrare tante invocazioni in così poco tempo. Suo padre, che tutte le domeniche sedeva nel terzo banco della chiesa, sarebbe stato fiero. Sua madre, tutte che tutti i giorni sedeva nel terzo banco della chiesa, un po’ meno. Purtroppo o per fortuna era così. Che colpa poteva averne: l’educazione alla grammatica di dio era stata fatta a braccetto con la grammatica padana (grammatica simile al lessico italiano, con la particolarità della totale sostituzione della punteggiatura). Il catechismo, dove il nome di dio era accarezzato, faceva all’amore con le partite intergenerazionali al campetto parrocchiale,dove il nome di dio era invano.

Altra bestemmia. Questa volta però era Gino, il vicino sottostante amico di sempre di catechismo e di calcio. S’era perso: amante lussurioso dei suoi insignificanti pensieri non aveva badato all’insistere del richiamo oltre porta e Gino, in due parole di garbo e prontezza (caratteristiche squisite), gli faceva il riassunto degl’ultimi trenta secondi e lo trascinava nell’altrimenti realtà: chi cazzo mai poteva essere la fantomatica o il fantomatico cappuccetto rosso? I genitori no, passati a miglior vita da qualche anno. Lavoro no, è sabato. Amici no,sicuramente ancora tutti boccheggianti abbracciati al seno di qualche puttana. Donne. Certo. Indubbiamente era una donna. Nei millesimi di secondo che ci vogliono per aprire l’uscio, Renzo riuscì a riesplorare tutte le fighe, pelose o meno pelose, assaggiate negl’ultimi quattro mesi. Tutte avrebbero potuto reclamare una menzogna regalata, un tradimento compiuto, un fiore che puzzava di merda. Tutte. Ma nel podio delle possibilità ovviamente il primato spetta alla più recente, quella di sabato, come si chiamava..Lori..no..Alice..si si Alice.

Aprì la porta aspettandosi il viso, ora che ricordava, non così bello di Alice. Ma ad attenderlo c’erano un bel sorriso bianco, un corpetto giallo fluorescente e la frase: “Scusi, mi può firmare questa raccomandata per favore?”

Palesemente legittimato, balzò a quota cinque.

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