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giovedì 16 settembre 2010

LA GIORNATA DI UN UOMO STRANO

"Qualcosa è finito purtroppo. Nonostante tutto, nonostante noi...nonostante noi ci avessimo messo così tanto impegno, maledizione! Ma com'è possibile che ogni benedetta volta ci lasciamo vincere sul più bello da uno stupido attimo di distrazione, eh James?". Il suo interlocutore, ovvero il suo cane, lo guardava di traverso, come per dire: "Non scaldarti troppo, William, altrimenti ti viene un infarto...la prossima volta andrà meglio." La prossima volta. Da quarant'anni ci provava. E ogni volta doveva provarci la dannata prossima volta! "Va bè, un giorno ci riuscirò", si disse, "fosse l'ultima cosa che faccio". Questo era William, 67 anni. Da sempre è, come avrete capito, completamente fissato con una cosa: le navi di legno in miniatura nelle bottiglie di vetro. Strana fissazione, penserete. Ci sono talmente tante cose a cui appassionarsi, agli scacchi, per esempio, alla vela, alla lettura, al sesso sadomasochista, alle macchine due posti. No, a William non interessava nulla di tutto questo. Lui voleva solo costruire una dannatissima nave di quel maledetto legno nella fottuta bottiglia di vetro. E voi penserete: bè, allora dev'essere proprio abile in questa bizzarra attività. Macchè! Non era bravo affatto! Per tutta la vita, o meglio da quando lo stato inglese lo aveva bollato come "individuo psicologicamente instabile" (ah già, dimenticavo: da tempo indefinito i servizi sociali inglesi passavano al nostro eroe 300 sterline mensili in cambio della sue effettiva sparizione dalla società degli individui cosiddetti "normali"), dicevo, per tutta la vita William aveva collezionato continui fallimenti vitreo-nautici (neologismo che apparirà sul dizionario Devoto-Oli 2011). Di fatto, la sua cantina continuava ad accogliere frammenti di bottiglie e modellini storpi di navi di legno che puntualmente venivano scagliati in qualche punto del locale umido durante i consueti accessi di rabbia che seguivano al momento in cui si faceva strada nel cervello del vecchio William la consapevolezza che nemmeno quella volta era quella giusta. Ma quando sarebbe arrivata quella giusta?? "Aff, sono solo un povero vecchio", si diceva. Ma dopo pochi minuti la sua incrollabile buona volontà si rimetteva a lavorare su un nuovo progetto vitreo-nautico. In tutto questo, James, il quasi umano bassotto del quasi anti-umano William, se ne stava accoccolato sulla sua poltrona godendosi la morbidezza e il calore di quel cuscino che oramai aveva la sua forma, oppure zompettava in direzione dell'ostinato amico per ricevere una carezza dietro le orecchie, come piaceva a lui. E questo era praticamente tutto ciò che succedeva nelle giornate dei due bizzarri coinquilini. Ma, un'altra cosa caratterizzava da un numero imprecisato di anni l'esistenza del bipede William: l'insonnia. Il vecchio passava notti intere a combattere contro Morfeo, che, a quanto pare, non aveva la benchè minima intenzione di accoglierlo tra le sue braccia. In quelle lunghe ore passate nella penombra della sua stanza ammuffita osservava il suo cane accasciato ai piedi del letto mentre scalciava sognando di correre e gli pareva sempre di vedere un sorriso sul muso del vecchio amico che di corse vere non ne faceva da tempo. Inoltre, ascoltava i rumori provenienti dalla strada vicina cercando di attribuire loro un'immagine, oppure contava le piccole, infinite farfalle marrone sbiadito che decoravano la tappezzeria del muro di fronte al suo letto. Ma, sopratutto, si dedicava al suo progressivo, folle progetto notturno: lui VOLEVA uccidere il Pastore Carl. Così, tutte le notti, William si perdeva in complicate elucubrazioni su come far fuori, alle volte in modo cruento e sanguinolento, altre volte in modo più subdolo e psicologico, il povero Pastore della chiesa del suo quartiere. Voi vi chiederete: cosa gli aveva fatto di così terribile questo devoto servitore dell'altissimo? Ebbene, proprio niente. Il fatto è che, nel suo assoluto, consolitato, spietato, puro essere ateo, William incolpava la Chiesa, o meglio, tutte le religioni umane di essere, ironia, il diavolo in terra. Inoltre, per lui, se erano al mondo persone come la sua vicina di casa, la vecchia, ripugnante, acida, zitella signorina Anny, Dio semplicemente non poteva esistere. Alla fine, lo sventurato e ignaro Pastore Carl aveva la colpa di incarnare, nella mente quantomeno bislacca di William, tutto il male che le religioni avevano portato a questa terra. Le crociate, le guerra sante, le persecuzioni, i roghi, la signorina Anny: tutto questo era responsabilità del Pastore Carl. Quella notte, poi, William stava immaginando un progetto omicida pressochè perfetto; quella notte il suo odio inspiegabile per il candido uomo di Chiesa aveva raggiunto i massimi livelli storici. Con gli occhi iniettati di sangue (effetto perlopiù della notte passata in bianco), William sussurrò nelle prime luci di un'alba particolarmente gelida: "Domani ti ucciderò, Carl". E subito chiuse gli occhi e si addormentò, come sempre a quell'ora.

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