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lunedì 5 settembre 2011

UN MANIFESTO QUALSIASI

C'è un tempo, in un granello di mondo, in cui ogni giorno si scrive un inedito libro dell'inquietudine. In quel tempo, i fiori del male tentano di insinuarsi nei corpi vivi attraverso la morte delle parole. Il piacere è peccato, e il peccato è piacere. Ragione e sentimento, gemelli separati, lottano insieme contro la vorace noia di luci intermittenti.
A quel tempo non si regalano fiori blu, nemmeno gialli o bianchi, persino le lettere sono merce rara. Il processo alla libertà è un processo all'italiana: termine da destinarsi. Storie di vagabondaggio si compilano con sudore e pudore in ogni malinconico agosto, per fuggire dalla nausea.
Un battito d'ali di gallina è l'odierna insostenibile leggerezza dell'essere.
Si sognano a vicenda le vite degli altri, naufragando in turbini di episodi tanto brillanti da cancellare il buio che rende visibile la luce. Il giocatore più attento ha voltato da tempo la pagina dell'utopia per lanciarsi in esercizi di stile virtuosi: ogni sera la partita è vinta.
Gli indifferenti abitano un isola da cui le città sono invisibili perchè vi stanno al centro; il rosso e il nero si confondono e tutto si disperde, candido e inerte. I più fortunati archiviano, con delicato amore per il dettaglio, incalcolabili fogli di racconti bianchi, racconti neri, racconti della pazzia. L'invidia serpeggia sotto i marciapiedi ma è risucchiata dagli antifulmini: la città abortisce i demoni.
A quel tempo, la morte a Venezia si consuma nei bar dove i sopravvissuti intrecciano merletti per adornare case vuote.
Alcuni, a quel tempo, incarnano l'idiota: alcuni, al quel tempo, continuano a scrivere di quei tempi in cui c'è così poco da dire. Il sogno più dolce è una manciata di orecchie capienti. Le notti bianche si sprecano, pensando a quel tempo e a quelli andati. Quelli a venire non si possono pensare: li hanno già comprati tutti.
Il principe infelice dà le spalle all'orchestra e dirige la platea, accanto ha appena chiuso il teatro della memoria. Della speranza si parla poco, come poco si parla di ogni fattore comune.
Quel tempo, invasivo come un'iniezione, è oggi; quel tempo si chiama VentiUndici.

2 commenti:

  1. sinceramente mi sono concentrata, l'ho riletto e ho pensato che dovevo trovare una critica.. ma porca miseria non mi è venuta. davvero. sono sempre più colpita dalle tue capacità di scrittrice.

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  2. è il 201 racconto, è il primo dopo un secondo giro di boa, ma anche no.... è oscuro al punto giusto per leggerci quello che si vuole, mi piace!!!!

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