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martedì 13 settembre 2011

La bottiglia di cristallo

Nonostante la stanchezza del corpo, i pensieri le rubavano il sonno"
Sapeva che doveva smettere di pensarci, che se lo avesse saputo sua madre l’avrebbe disprezzata. Lei donna dai sani principi, capelli di un riccio corvino perfetto,il naso appuntito e le mani sempre incrociate sul grembo come in perenne preghiera. Lei era una donna savia, una donna responsabile, con il portamento severo e lo sguardo impeccabile. I suoi vestiti color beige e le sue gonne non mai più corte delle ginocchia. Riusciva sempre a rendere tutto perfetto, invidiabile. Una bella bottiglia di cristallo dove dentro c’era la famiglia, la chiesa, la scuola, il lavoro. Tutto contornato dalla polverina magica che poteva essere neve o cocaina, l’effetto ne era lo stesso, una spasmodica, irrefrenabile eccitazione all’assoluto. E per assoluto si intende retto e per retto si intende in giudicabile da qualsiasi inquadratura.
Ma lei, la mamma, non aveva fatto i conti con quella piccola, piccolissima incrinatura che si chiama... adolescenza. E che ora si contorceva nell’altra stanza fra le dolci lenzuola, con amore tanto ben stirate.

Lei lo sapeva che doveva smetterla. Che doveva lasciar stare, che quella cazzo di idea.. oddio ho detto cazzo, ah no.. l’ho solo pensato.. ma anche quello sarà peccato? Perché non riesco più a prender sonno? Ok adesso mi concentro, si, penso ai prati, alle cascate, alle fresche cascate, all’acqua che scende sinuosa fra le rocce...e oddio di nuovo... nemmeno alle cascate posso pensare.. che cosa avrò di sbagliato? Che errore avrò mai commesso nella mia vita per arrivare a ciò?
Il suo corpo stava fremendo e la sua mente cominciava a vacillare... le lenzuola erano rosa, di un rosa candido e le dita sottili camminavano.. dai capelli al collo, dal collo alle orecchie in un andi rivieni infinito, ma ad oggi discesa la mano si allungava sempre più, fino ad arrivare alle spalle, e poi alla spallina della camicetta da notte, l’altra mano scendeva nel frattempo sull’ombelico e si fermava a creare cerchi concentrici... capelli, orecchie, collo, spallina... e infine seno e poi capezzolo... le sue labbra si inumidirono e aprirono leggermente, la mente vagava verso pensieri, immagini e corpi lontani... la mano dall’ombelico fece un breve balzo sulla peluria e la pelle olivastra sussultò per un attimo. Le gambe scostarono il lenzuolo rosa e scoprirono la loro perfetta eleganza. Il chiarore della notte illuminava le caviglie e le ginocchia. La fronte le sudava un poco e la testa di spostava da un lato all’altro del cuscino, le guance diventarono di un color roseo acceso e le labbra furono morse per non emettere alcun suono. Il corpo iniziò a contorcersi in un piacere così peccaminoso quanto innocente, nella scoperta di quello che fu il primitivo tocco.
Nell’altra stanza la madre preparava la merenda per il giorno seguente, credendo fortemente in cuor suo che i sani principi e la rettitudine avrebbero sempre retto le porte di quella casa e che la bottiglia di cristallo non si sarebbe mai incrinata.

3 commenti:

  1. Evviva la masturbazione, questa sarà la settimana dell'autoerotismo.
    Ci hai fatto parlare molto ieri. Brava.

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  2. si sono toccati.
    una moltitudine di argomenti.
    rapporto personale con il sesso, individuo-società, individuo-famiglia, cultura-natura.
    nella bottiglia, di cristallo, ce ne stanno di cose

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  3. se posso osare una battuta
    spero che la merenda del giorno
    dopo sia stata una banana...

    però poi rifletto sul fatto che
    reprimere un impulso normale
    crea un impulso anormale
    e resto pensieroso.....

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