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lunedì 14 marzo 2011

Silenziosamente

Un passo alla volta si avvicinò al cornicione, una folata di vento le scompigliò i capelli. Sporse leggermente la testa per verificare l'altezza alla quale fosse arrivata. Lasciò cadere il telefonino estratto dalla tasca destra che dopo alcuni secondi si sfracellò sulla strada sottostante. Aveva paura, aveva molta paura che la caduta non fosse sufficiente per farla finita e che un suo piccolo errore di valutazione le costasse la riuscita della sua scelta. Mentre si passava una mano fra i capelli con l'altra si teneva il vestito stretto in petto, una lacrima le rigò una guancia. Scoppiò in un pianto sia liberatorio che di sconfitta verso la vita. Non credeva alle divinità, né alla reincarnazione o al karma, quindi sapeva di essere di fronte ad un atto definitivo.
Mentre guardava l'orizzonte, con il rimmel sbavato, pensava a ciò che avrebbe lasciato. La città sotto i suoi piedi e i suoi fastidiosi rumori non sembravano notare quell'attimo che la separava dalla fine, eterno nella sua fugacità. Contrasse leggermente il viso.

Si era svegliata presto quella mattina, e come ogni mattina aveva preparato il caffè. Sbadigliando si era lavata e vestita. Aveva bevuto il caffè ormai freddo guardandosi a lungo allo specchio, si era truccata leggermente, aveva preso alcuni documenti che la sera prima aveva riposto su un tavolo ed era uscita di casa. Il tragitto che la separava dall'ufficio non era poi lungo, ma prese l'auto per arrivarci. Durante le attese ai semafori continuava a cercare la sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore, come ad esigere un momento di intimità ed introspezione. Silenziosamente entrò in ufficio, timbrò il cartellino e si sedette alla sua scrivania. Nell'arco di quella giornata molti colleghi erano passati davanti alla sua porta, voltando velocemente lo sguardo come per paura che lei potesse vederli. Quel giorno non ci fece caso, infatti notò dopo alcune ore che aveva passato quasi tutta la mattinata a guardarsi riflessa nel monitor spento del suo computer. Utilizzò il tempo rimanente per riorganizzare l'archivio poi prese il suo soprabito e silenziosamente come era entrata in ufficio ne uscì. La velocità e le possibilità di rapporti personali nel nuovo millennio lasciavano spazio ad un'eterna solitudine.

Mentre pensò a tutto questo, era passato un solo momento su quel cornicione. Non aveva lasciato una lettera, nessuno la avrebbe letta. Non voleva dar fastidio a nessuno, forse sperava che nessuno se ne sarebbe accorto. Il vento le scompigliò di nuovo i capelli, lasciando intravedere la bruciatura che aveva sulla parte sinistra del volto. Sbilanciò il suo peso in avanti e si lasciò cadere. Silenziosamente come era entrata nella vita ne uscì.

6 commenti:

  1. Grande Paj, il suicidio, non scegliamo di nascere ma decidiamo di morire, io e penso tutti abbiano avuto voglia di parlare alla tua protagonista :)
    che si è pure preparata al colloquio con la morte
    grandissimo!

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  2. Forse mi ripeto, ma non esco ad uscire dall'immagine cinematografica della donna bella, ricca, americana ed infelice.
    Pj, quando parli di morte fai fatica a dare il nome hai tuoi protagonisti. Caso al caso?

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  3. credo sia un racconto bellissimo. il dolore non visto. tanto attuale quanto ingiusto in una società dove tutto è determinato dalla paura del coinvolgimento.

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  4. Non descrivo mai nei dettagli i personaggi perché mi piace pensare come voi li immaginate. Dargli un nome e descriverla fisicamente mi sembra filtrare la fantasia, portandovi sull'unica strada che ho descritto io (es: donna bella, ricca, americana... io l'avevo vista in maniera molto differente)

    Il racconto, come dicevo, è sempre parte delle storie che ho in testa. Avendo fatto per alcuni anni teatro, quando sei sul palcoscenico devi avere il fuoco dentro per fare in modo che il pubblico senta e provi parte delle tue emozioni.

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  5. huuuuu mo il paja ce spiega un po' di teatro domenica prossima!

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  6. wooow papaja non pensavo avessi fatto teatro! voglio anch'io la lezione..via skipe é
    possibile??

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