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lunedì 21 marzo 2011

È la tua festa

Assorto nella contemplazione dei giochi stava lì, seduto immobile su un tappeto azzurro decorato di nuvolette bianche. Il gioco che fissava più a lungo era una piccola automobile rossa fiammante, con il tettuccio leggermente graffiato. Non avrebbe saputo come giocarci, ma nella sua testa mille fantasie sulle storie riguardanti quell'automobile si rincorrevano, in una fitta trama intricata che solo lui avrebbe potuto comprendere. Prese il modellino e lo ripose ordinatamente insieme agli altri, in una scala discendente di grandezza e colore. Mentre sua mamma lo chiamava da lontano iniziò a dondolarsi lentamente, fino a quando quella giovane e bellissima donna entrò nel suo campo visivo. “Sono arrivati tutti, vieni di sotto, è la tua festa” e lui, alzatosi in piedi, si limitò a ripetere con lo sguardo fisso nel vuoto “è la tua festa”. Raggiunto il piano sottostante dell'abitazione, trovò un gruppo di persone festose. Era il suo compleanno. Si sedette sulla sua poltrona la quale era stata lasciata volutamente libera mentre sua madre gli si avvicinava dicendo: “Hai visto gli zii? Hai visto i tuoi cuginetti? E la nonna? È lì che ti saluta”. Un mucchietto di regali era accatastato sul tavolo da pranzo insieme ad una torta, tutta ricoperta di panna montata, sulla quale troneggiavano dodici candeline accese. Mentre una delle sue zie portava la torta in salotto, iniziò il consueto canto di augurio di buon compleanno. Quel frastuono lo infastidiva, non era abituato ad avere tutte quelle persone intorno. Gli venne accostata la torta al volto e sua madre spense le candeline al posto suo. Mentre tutti i parenti erano impegnati a consumare la torta, suo padre, che fino ad allora era rimasto leggermente in disparte iniziò a scartare i regali e a mostrarglieli. Un trenino, un peluche, un album da colorare, mentre tutti quei doni gli passavano davanti agli occhi suo padre continuava a chiedergli “ti piace?” poi girava lo sguardo verso il mittente e lo ringraziava. Un solo regalo però lo interessò terribilmente. Una macchinina gialla, nuovissima e lucidata, la più grande che avesse. Strappò il regalo dalle mani di suo padre e corse al piano di sopra. Quell'auto si trovava fuori dal suo ordine naturale, doveva trovargli un posto, e dopo aver deciso velocemente la sua collocazione la mise insieme alle altre, ordinata in maniera decrescente per grandezza e per colore. Si sedette di nuovo sul pavimento e prese incessantemente a fissare quella nuova automobile che era entrata a far parte della sua personale collezione. La madre, con una bambina al seguito, entrò nella sua stanza invitandola a sedersi davanti a lui. “Ti ricordi di Lucia?” gli disse. Lucia era una bambina che aveva la sua stessa età, dalle forme lievemente pronunciate da preadolescente. Faceva parte del suo stesso gruppo di sostegno alle famiglie di figli autistici, quindi loro si erano già visti in più di un occasione. Lucia iniziò a fissarlo, distraendolo dal gioco che aveva appena ricevuto. Si fissarono per almeno un ora, senza dire una parola, i loro pensieri erano così ingarbugliati e discontinui che non avrebbero potuto comunicarseli, anche se ne fossero stati in grado. Ad un certo punto la bambina gli tese una mano, e lui iniziò a dondolarsi come faceva tutte le volte che era nervoso. La madre, nascosta dietro la porta stava assistendo a tutta la scena, pregando che il figlio potesse finalmente schiodarsi dal suo immobilismo esistenziale. Dopo circa cinque minuti, la bambina ritrasse la mano e ritornò a guardarlo. Lui a quel punto si calmò, smise di dondolarsi, e tornò assorto nella contemplazione del suo nuovo giocattolo.

3 commenti:

  1. Grande Paj, i 5 minuti di mano tesa avanti è la parte più toccante... c'hai messo un gran nucleo in sto racconto!

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  2. Bello Paja, Non per denigrare i tuoi racconti precedenti....ma di domenica in domenica, sempre meglio.

    Ovviamente non sarà sempre così.

    Altrimenti tra 2 mesi saresti il nuovo Manzoni o chi per esso.

    Quindi goditi la salita.

    E faccela gode' cumpa'.

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  3. Paja, anche la lettura ha confermato il tempo. Il tempo, magari proprio del tuo scrivere, giuoca all'amore con il conivolgimento della descrizione dell'ancora senza nome protagonista.

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