L'incipit della settimana

ELABORATO TESTUALE DI TOT PAROLE: "L'antico vaso andava salvato"
STRINGA AUDIOVISUALE DIGITALE PROVENIENTE DA QUALCHE SERVER: "Youtube"
RETTANGOL CARTPLASTIC CONN'IMMAGIN STAMPAT QUAS BEN:"Perdita di tempo"
Ctrl+c, Ctrl+v, STAMP-E-PORT-LE-FOGL:"Glutammati sto sodio"

giovedì 11 agosto 2011

Marie

Gli occhi degli indigeni seguirono il dito teso
Gli indigeni occhi seguivano il mio pensiero da quando mi ero svegliato non avevo smesso di pensare a quella parola e volevo scriverla per poter vedere quelle lettere una di seguito all’altra, solo per vederle scritte per vedere il mio indice e pollice incidere i n d i g e n o. una parola assurda. Inutile. Inusuale. Fuori moda. Chi mai più pensa agli indigeni da quando il colonialismo è sparito? Eppure mi sono svegliato stamani e ho dovuto scriverla per la bellezza di vedere la i vicino alla n. niente di più sensuale di una donna dritta eretta di pensieri, vestita di nero su un pavimento bianco e il suo cameriere sul medesimo pavimento inchinato alla sua bellezza, la prostrazione era tanta che l’inchino arrivava fino ai piedi mentre il cuoco dalla pancia un po’ grassa spiava la scena da dietro lo spiraglio di una porta. Ma ecco che all’orizzonte un’ altra donna, più piccina però della prima che arrivava a passo leggero ma anch’essa perfettamente eretta con suo abitino nero su sfondo bianco per sottolineare ancor di più il suo dolce capellino posto sulla retta testa. Nel contempo la tutrice afflitta dalle pene d’amore con la mano sulla guancia paffuta rimaneva seduta sul gradino bianco a guardare il bimbo di fronte a se che si rotolava facendo capriole sul candido prato coperto di neve mentre di nuovo il maggiordomo si inchinava anche a lui per non essere da meno e un buffo cilindro nero rotolava in fondo alla magnifica casa bianca, dal bianco giardino, dal bianco scalino, dal bianco pavimento. Solo otto figure nere a interrompere questo candore.
Ernest rimase sulla sedia, maledicendo la sua mente. Da quel giorno non era più riuscito a vedere le parole per quello che erano, unite. Compatte. Erano solo un insieme di lettere che ogni volta vicino ad altre cantavano, no anzi no, urlavano la loro storia e il povero, povero Ernest non poteva più far finta di nulla ma doveva ascoltarle..
E così era fallito. Non più uno scrittore di successo di romanzi rosa ma un pazzo che non scrive più storie d’amore e follia ma è folle lui stesso. Una storia assurda che ormai andava avanti da 5 anni. I soldi erano finiti e i talenti anche. Rimaneva solo circondato dalle maledette lettere che ogni volta messe nere su bianco gridavano senza sosta e si ritorcevano finché non veniva data loro una voce. E così Ernest non poteva nemmeno più scrivere il suo nome, nemmeno prendere la penna in mano tanto il dolore lo uccideva era lui nemico e pazzo di se stesso. La prima parola era stata Marie, la maledette Marie che con il cuore si era portata via anche il suo talento, donna avida e di colori malsani lo aveva stregato e beffato, lui autore d’amore beffato dalla sacra e innominabile Marie.

Ohh Marie, Marie sacra, Marie bella, Marie dagli occhi corvini, Marie dal nome impronunciabile, Marie dalla pelle candida, Marie dai capelli lucenti, mia dolce Marie.. mia Marie come un povero uomo rimango afflitto da noi, schiavo di un corpo e una mente. Mia Maledetta Marie, menzognera, maligna Madonna così misericordiosa e misera. Uomo e non più poeta muoio di una malefica maledizione.

La penna cadde e le lettere finirono.

1 commento:

  1. :P belllllllllo!
    per fortuna a noi l'ispirazione non manca mai!
    ora vado a finire la terrina di bucce di banana.

    RispondiElimina