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domenica 7 agosto 2011

L'uomo e il mare

Premessa: Questo racconto è stato parzialmente scritto con i piedi in ammollo nelle gelide acqua del mare del nord....

Gli occhi degli indigeni seguirono il dito teso di Colombo fino a posarsi su tre maestose costruzioni dell'uomo, tre imponenti navi che avevano solcato l'intero oceano prima di attraccare su quelle spiagge. Gli veniva mostrata la strada verso la civiltà, centinaia di anni avrebbero dovuto passare prima dei borghi con le villette indipendenti e i pratini in finto inglese.

"L'inizio della fine" pensò Robert seduto alla scrivania del suo cubicolo largo due metri per lato, al trentaseiesimo piano della costruzione più alta della città. Altroché ampi spazi verdi, nessun incontaminato paesaggio naturale si poteva scorgere da quella sedia girevole, se non quelli a decorare il triste sfondo del suo computer. La sensazione claustrofobica che gli provocava la vista delle persone che diligentemente facevano la fila di fronte alla macchina del caffè, per poi correre a rinchiudersi nella produttività delle proprie bare lavorative, si era fatta ormai insopportabile. Si stiracchiò sulla sedia, allungando le braccia verso il soffitto, con i pugni chiusi. Il movimento durò solo qualche secondo, ma abbastanza per provocare una secca battuta del suo capo: "Hai sonno Robert? Se vuoi da domani potresti startene direttamente a casa a dormire!". Quel cafone ignorante non faceva altro che girare fra le scrivanie, alitando sul collo di ogni singolo impiegato, in una lenta e insistente pressione psicologica. Sarà stato per il troppo caffè ingerito, o per il livello di sopportazione ormai ai minimi storici, che quella volta Robert reagì, gettandogli sul viso un paio di fascicoli raccolti dal tavolo. "Facciamo che me ne vado via adesso e che queste cartacce te le sbrighi tu, tronfio incapace!" Si alzò in piedi di colpo e uscì dalla stanza in mezzo all'ovazione dei suoi colleghi. "Tutti colpevoli nessun colpevole", avevano pensato.

Sceso in strada si allentò nervosamente il nodo della cravatta e si accese una sigaretta. Guardò in lontanaza il fiume vicino al quale passava tutti i giorni andando al lavoro, che dalla fretta non si era mai fermato ad osservare. Lo scorrere veloce dell'acqua gli aveva fatto pensare ad una goccia, che, priva di coscienza, veniva trasportata chissà dove, una fra le tante, ad occupare il suo cubicolo. Doveva fermarla, doveva dirle che era possibile andare controcorrente, che lui ce l'aveva fatta. Iniziò a seguire il corso del fiume, benché non sapesse dove l'avrebbe portato. Camminò per ore, forse giorni, finché vide dove ogni goccia andava a finire.

Non si può capire cos'è il mare senza vederlo, se ne potrebbe parlare a lungo senza provare alcuna emozione. Poi sei lì, ce l'hai davanti, e ti rendi conto di quanto piccola sia la tua quotidianità, i tuoi problemi, le tue paure. Robert si tolse le scarpe e si mise a sedere sulla sabbia, nulla gli importava di sporcare il suo nuovo e costoso completo. Chiuse gli occhi e rimase ad ascoltare lo sciabordio delle onde, respirando l'aria che con il suo infondibile profumo andava ad insinuarsi nelle sue narici. Riaprì lentamente gli occhi e vide nitida la linea dell'orizzonte. Quante storie potrebbe raccontare il mare, con le sue innumerevoli e misteriose creature. Capì che non poteva insegnare nulla a quella goccia che seguiva le altre, poiché sapeva già dove andare. L'uomo nulla può insegnare alla natura. Si distese rivolgendo i palmi delle mani verso la luce del sole, sentendo un calore e un'energia nuova diffondersi in tutto il corpo. Si alzò di scatto ed andò ad immergere i piedi nell'acqua, ricevendo un brivido freddo lungo tutta la schiena. Ripensò a Colombo, goccia nella storia che aveva trovato la giusta collocazione, il mare. Ora anche Robert aveva trovato la sua.

1 commento:

  1. Pajaja! Tornaaa!!!!!:D

    gran racconto!

    sporco lurido di autobiografia, sozzo sozzo come piace!

    +1!!!

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