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lunedì 29 agosto 2011

L'importante è il viaggio

Cappello imbarazzante, 40 gradi e mancavano ancora 3 km. Giorgio, Piero e Antonio si erano coperti sotto larghe tese di cappelli improvvisati dalla straziante calura di quelle giornate. Giorgio procedeva davanti ai due, in sella alla sua costosa bicicletta sistemata a puntino, con lo sguardo fiero. Gli altri lo seguivano su sgangherate bici di seconda mano che parevano aver subito la prima guerra mondiale. La polvere sollevata dal primo riempiva gli occhi degli altri che spurgavano lacrime lattiginose. Antonio tossiva, fumando la sua ennesima sigaretta. “Non c'è tempo per fermarsi” gli avevano detto “dobbiamo arrivare a destinazione”. I tre ragazzi, partiti alcuni giorni prima all'avventura con il loro mezzo di trasporto a due ruote, avevano percorso ormai centinaia di chilometri. Il primo giorno avevano attraversato una grande pianura, dove il verde si perdeva a vista d'occhio. Piero aveva tirato fuori la piccola macchinetta digitale da un borsello che portava appeso sul portapacchi e aveva scattato delle fotografie all'immenso paesaggio. Piero però non era né fotografo né in grado di far funzionare un'apparecchiatura così sofisticata, infatti scoprì più tardi di averle scattate tutte con il copri-obiettivo. “Guarda lì, un aquila!” aveva gridato Antonio, attentissimo ai particolari. “Ma quale aquila d'Egitto” gli avevano risposto, “qui non è possibile vederne, non ce ne sono!”. Nessuna parola gli fece cambiare idea, rimase comunque convinto di averla vista volare in solitaria alla ricerca di una preda.
Il secondo giorno si fermarono davanti al laghetto più azzurro che avessero mai visto. Antonio fumava, come al solito, Piero fotografava senza esserne capace e Giorgio ripuliva le ruote dal fango con una piccola stecchetta di legno. Antonio e Piero lo guardarono con gli occhi sgranati. Da quando era partito, Giorgio non aveva fatto altro che pensare alla sua bicicletta. Pareva che niente lo emozionasse. Poi il terzo giorno finalmente gli occhi iniziarono a brillargli vedendo la grande metropoli nella quale si apprestavano a passare attraverso. La vista di quelle immense costruzioni che si ergevano verso il cielo, lo fecero rabbrividire pensando a dove l'uomo era riuscito ad arrivare.

Tre chilometri, ancora tre chilometri e avrebbero raggiunto la destinazione, con il loro cappello improvvisato e il caldo che cuoceva la pelle. Giorgio si levò in piedi sulla bicicletta e fece l'ultimo scatto, non ne poteva più di aspettare. Gli altri arrivarono più tardi, trovando Giorgio in piedi con le braccia distese lungo il corpo, che per la prima volta aveva appoggiato la bicicletta per terra, sul ghiaino.

“Che schifo!” disse Antonio guardando le rovine post-industriali nelle quali si erano andati a cacciare.
“Oddio, che puzza terribile!” disse l'altro odorando i liquami tossici fuoriuscire dal fondo di un barile abbandonato. Niente era così bello e affascinante come se lo immaginavano.

“L'importante è il viaggio” disse un anziano signore seduto rilassato su di una panchina. Guardava l'orizzonte con sguardo sicuro, come se non notasse l'aria squallida di quel luogo.

“Come?” gli risposero i tre, sorpresi dalla presenza di un signore così distinto, mentre ancora si turavano il naso con il pollice e l'indice della mano.

Il signore si alzò lentamente, guardò i tre ragazzi e disse: “Anch'io ero come voi. Per me l'obiettivo era tutto. Poi sono invecchiato. Vi regalo questa osservazione: la destinazione non è importante quanto il viaggio con la quale la si raggiunge. Ricordatevelo.”

I tre si guardarono l'un l'altro, con un ghigno sul volto. Si dissero sottovoce: “I vecchi ne dicono di fesserie!”.

1 commento:

  1. yo man, c'è un borghese, un religioso e un povero coglione in questo racconto :D

    bello, potresti anche dirmi tutti i simboli nascosti, la prossima volta che ci becchiamo, sono pigro per stare quà a sezionare

    mi piace? si.:D

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