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lunedì 11 aprile 2011

Par na bona pearà ghe vol pan vecio, la miola de bò, brodo bon e che la pipa al manco do ore, pe na bunna fugassa ghe vô egua, farinna, sa e tantu öiu

Quando a tre anni parti da casa per trasferirti in un altra città non te ne accorgi... ritorni da lui solo per le feste e non capisci davvero quanto possa essere dentro di te.

Genova per te sembra essere solo un luogo di passaggio, una parentesi divertente con un letto a castello e una brandina dove stare per qualche notte di nuovo tutti insieme, ad attendere calze ripiene di caramelle e focaccia con il latte e cioccolato.

I ricordi sanno di arrosto, ravioli e regali, e appena arriva il sole ti sembra di sentire i piccoli sassolini della spiaggia spostarsi lentamente tra le dita dei piedi e delle mani.

I viaggi in macchina sono fatti per dormire, e quasi come se stessi uscendo (o entrando?) in un sogno ti ritrovi con un porto alla tua destra e le case colorate arroccate sulla sinistra.

E ti senti a casa...


Torni a Verona, qui tutto ha altri suoni, altri odori e altri colori... e la cosa più strana è sentire che anche loro fanno parte di te.

I sanpietrini del centro sono una scacchiera immensa su cui giocare a evitare le scanalature, e quando a diciotto anni ti si incastra il primo tacco tra due di loro per un attimo ti fermi e ripensi a quanto ti faceva ridere sobbalzarci sopra con la 500 della mamma.

Poco più in là c'è sempre lo stesso cortile che ha fatto da sfondo a otto anni di scherzi, pianti e scambi di segreti e merendine...per poi lasciarti molti dei volti e delle voci che ancora oggi ricerchi e tieni stretti a te.


Poi arriva un pomeriggio particolare, uno di quelli in cui senti che avresti bisogno di silenzio, solitudine e tranquillità.

Pensi a cosa potrebbe farti stare meglio, a chi vorresti lì accanto a te e per quanto possa essere affollato e inflazionato pensi ancora che castel San Pietro sia uno dei posti più belli che tu abbia mai visto.

Così ti ritrovi a cercare ciò che hai perso tra i tetti delle case e nelle anse regolarmente tagliate dell'Adige giù di sotto....ed ecco che arrivano i ricordi.

I tuoi sensi non ti servono più per recuperarne l'immagine...ormai la strada per raggiungerlo è dentro di te.

Tocchi la vernice scrostata delle persiane e osservi il rigagnolo di sapone che rapido porta via con sé la notte.

Senti il profumo di caffè salire dalle discese di marmo e ardesia.

Segui con lo sguardo le lenzuola muoversi al lento ritmo del vento e quando ti chiedi come facciano ad essere così musicali lo vedi...

Un metronomo blu e bianco che sbircia tra i tetti fioriti e le gru.

Il suo movimento ti culla anche a distanza, regolarizza il flusso dei tuoi pensieri e ti fa sentire che ogni cosa è come i sassi del suo fondale...possono spostarsi e rotolare senza meta, ma quando si fermano trovano sempre un posto per loro.


D'estate il mare sembra essere di tutti,

in inverno è di chi lo canta

ma in momenti come questi è mio...

2 commenti:

  1. il paese dei nonni e dei cuginetti...

    pure io ciò ricordi indelebili sfumati in sogni e avventure:D

    il dialetto sa di vecchi ricordi per te per me per tutti!!!!

    sta storia la me piass!

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  2. La sincerità di ogni città è la notte, senza le persone si manifestano in tutta la loro bellezza quasi si nascondessero durante il giorno per lasciare spazio all'operosità di coloro che pian piano le stanno distruggendo. Il romanticismo di questo racconto non lascia spazio al cinismo che contraddistingue i giorni nostri (e del quale io sono un assiduo e fiero portatore :D )

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