L'incipit della settimana

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lunedì 11 aprile 2011

I MOSTRUOSI ESSERI DEGLI ABISSI

Embarassado dal mio ritardo cronico, carico orora il racconto dell'incipit ormai passato della domenica del 27 marzo scorso. Esperimento provato di fretta (scritto in un'oreta) di racconto in due, da me (Tobia Poltronieri) ed Ana Blagojevic. Un po' di righe a testa e via.




Forse non tutti sanno che un modo di dire serbo per definire una persona che sta mostrando un comportamento fuori dalle linee e tendenzialmente pazzo è chiamato "zenska glavo", che tradotto letteralmente significa testa di donna o anche mente femminile.

Pensare a queste cose riempie il cervello d’informazioni curiose, ma in fin dei conti poco utili. Però allora dovrei eliminare molti interessi, ad esempio l’arte è utile? La mitologia è utile? La Bibbia è utile?

Riemergendo dall’acqua Rachim si levò il boccaglio e tirò una bella boccata d’aria.

La piscina centrale di Trimarzuolo era incrostata di alghe verdi su tutto il fondale.

Un’altra piscina da disinfestare. Un’altra città isolata da raggiungere. Altro cloro malsano da inalare.

Il fatto che quel giorno compisse gli anni non gli importava molto. Quello era il suo compleanno segreto. Il suo compleanno fittizio era il 25 maggio. Quando la sua seconda famiglia (ignara di quella posizione in classifica) lo festeggiava con gioia. E quell’anno avrebbero avuto un motivo in più per esagerare nei festeggiamenti. Compiva 60 anni.

L’età cominciava a pesare nelle lunghe distanze geografiche che doveva percorrere per risolvere i suoi piccoli pasticci amorosi.


“Rachim caro! Vieni dentro, ti prego. Ho ancora bisogno di te”


Dal terrazzo del primo piano la signora Ravani lo chiamò. Rachim non ne poteva più. Quel giorno avevano fatto l’amore già sei volte e quella cinquantenne stava esigendo un po’ troppo dal suo disinfestatore. Così il nostro sventurato e ormai stanco amico, uscito di fretta dall’acqua prese il suo asciugamano e la saccoccia con gli strumenti da lavoro e imboccò la stradina sterrata che portava giù al mare.

Il palmo dei suoi piedi nudi, assai calloso, non soffriva minimamente il ghiaino appuntito del sentiero. La signora continuava a chiamarlo con la sua voce stridula e l’insopportabile accento bergamasco. Nonostante ciò Rachim non accelerava il passo. La voce della signora era sempre più insistente. Rachim giunse davanti al portone della villa, a pochi metri dal bagnasciuga.


“O eccoti, mio prode guerriero. Vieni su che ti ho preparato un bel pranzetto!”


La signora dal poggiolo rientrò in casa.


Rachim pensò alla pasta scotta che gli faceva tutti giorni e alla sua macedonia acida. Si girò verso il mare. Guardò l’orizzonte. Avanzò piano piano verso l’acqua e s’immerse senza far rumore.


Indossati gli occhialini che aveva in tasca lasciò scivolare il corpo leggero nella fluida sostanza salata, immaginando di vagare in abissi marini dove alghe e mostruosi esseri vivevano nel silenzio.

2 commenti:

  1. avete ammazzato la poesia del riemergere con un boccale in mano,

    guarderò questo racconto come le statue greche monche delle braccia

    errore o scelta creava una gran tensione il boccale!

    grandi Tobana!!!!

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  2. Perdonato per l'estremo ritardo, un rapido calcolo del quale Pippo B. mi ha reso edotto consacra la coppia Tobia/Ana (o Tobana, alla Pippo Vespa) come pubblicatrice del centesimo racconto!

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