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lunedì 20 giugno 2011

Il mutismo paranoico di un cavalier servente

Sono in ritardo. Come al solito mi sono imbambolato a pensare a lei, a cosa dirle, come dirglielo. Si sarà forse spazientita? Starà per caso pensando che mi sia dimenticato dell'appuntamento? Boh, forse dovrei chiamarla. Ma no, dai... In fondo sono in ritardo di soli cinque minuti. Ecco, questo è il suo cancello. Ancora non c'è... Per un pelo! Avrei fatto proprio una pessima figura. Mi passo una mano fra i capelli, tento di sistemarli. Eccola che scende dalle scale. Quant'è bella!

“Ciao, come stai?” - mi dice
“Bene” - le rispondo - “e tu?”
“Abbastanza bene dai...”

Guardo un secondo la sua pelle, liscia, vellutata. Mentre le sue labbra si muovono lentamente penso quanto sarebbe bello baciarla proprio lì, nell'angolino dove la bocca volge a sorriso e con il dorso della mia mano dolcemente accarezzarle la guancia leggermente rosata. Pensa, dai pensa a cosa potresti dirle. Ricordati soltanto che quando pensi molto hai sempre quella faccia da idiota. Oddio! Avrò la faccia da idiota in questo momento? Guardo altrove, spero che non se ne sia accorta. Già, sono quasi sicuro che se ne sia accorta.

“Andiamo a sederci da qualche parte” - è la sua proposta
“Mi farebbe piacere” - dico io, annuendo.

Ecco, ha ripreso a parlare. Non sto ascoltando una parola di quello che mi sta dicendo, ma mi piacerebbe che parlasse per sempre, sono incantato dal tono suadente della sua voce. Potrebbe anche ripetere parole senza senso o leggere le quotazioni di borsa tutto il giorno che io sarei lì per ascoltarla. Già me la immagino “Nasdaq +1,34%, Dow Jones -0,31%”, sono sicuro che mi interesserei subito al mercato azionario. Si, magari sarebbe opportuno che ogni tanto annuissi invece di starmene qui a fissarla con gli occhi da pesce lesso.

“Ti vedo bene oggi” - dice, squadrandomi da cima a fondo.

Cosa avrà voluto dire? Cioè sono io più piacevole alla vista o è lei che ha cambiato le lenti a contatto? Forse dovrei risponderle. Ma cosa? Un semplice “anche tu” oppure un più articolato “ti offrirei i miei occhi per darti la possibilità di vedere quanto sei bella”. Via, è passato il tempo tecnico per darle una risposta, sono stato lì con gli occhi sgranati ad ondeggiare la testa avanti ed indietro. Basta, adesso parlo, mi dichiaro. Sono stufo di stare fermo così, in bilico fra i miei sentimenti e la possibilità di un rifiuto. Dannazione! Se mi dirà di no me ne farò una ragione, altrimenti sarà il coronamento del mio sogno. Apro la bocca, le parole mi si smorzano in gola. Emetto solo un mugolio, il verso di un cane appena bastonato. Forza di volontà, ci vuole solo forza di volontà. La fermo, tirandola per un braccio. Siamo sul ponte più significativo per me, quel ponte sul quale ci siamo incrociati per anni, prima di conoscerci.

Dico, forse alzando un po' troppo la voce: “Mi piacerebbe stringerti forte, sentire il tuo odore sui miei vestiti. Tu inganni i miei sensi, sento caldo e freddo insieme, vedo la luce e il buio mischiarsi. Io t'amo, t'ho sempre amata di nascosto.”

Bene l'ho detto, adesso sembra che il tempo si sia dilatato e che il secondo intercorso fra la mia domanda e la sua risposta duri minuti, ore, giorni. Cosa dirà? “Non voglio più vederti” oppure “baciami idiota!”? Ora sta aprendo la bocca, la risposta è già stata elaborata, il cervello sta mandando le informazioni in giro per tutto il suo corpo, permettendo ad alcuni muscoli di contrarsi e ad altri di rilassarsi.

“Se è vero che mi ami, che faresti tutto per me, dimostralo, buttati da questo ponte e io ti amerò”.

Bene, ora so quello che devo fare. Se mi buttassi lei mi amerebbe, ma io morirei. Se non mi buttassi, certo non morirei, ma lei non mi amerebbe. Mi avvicino al cornicione, guardo giù. Mi giro lentamente verso di lei, la guardo. Voglio dosare bene le mie ultime parole. Eccole.

“Senti, potevi mica dirmi semplicemente: io no?”

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