L'incipit della settimana

ELABORATO TESTUALE DI TOT PAROLE: "L'antico vaso andava salvato"
STRINGA AUDIOVISUALE DIGITALE PROVENIENTE DA QUALCHE SERVER: "Youtube"
RETTANGOL CARTPLASTIC CONN'IMMAGIN STAMPAT QUAS BEN:"Perdita di tempo"
Ctrl+c, Ctrl+v, STAMP-E-PORT-LE-FOGL:"Glutammati sto sodio"

lunedì 13 giugno 2011

Il metodo Stanislavkij

Si alza il sipario. Si abbassano lentamente le luci sul pubblico. Molti attendono con trepidazione l'inizio della commedia, alcuni sbadigliano, altri si accomodano ai loro posti. Io salgo sul palco, non li guardo. Non posso guardarli, mi distrarrebbero. Arrivo al segno che mi hanno lasciato, laddove un cono di luce mi illuminerà. Chiudo gli occhi. Cerco l'ispirazione. Rifletto. “Ridi pagliaccio... che ognun'applaudirà!”. L'attore altro non è che un contenitore. Ogni sceneggiatore lo riempie con emozioni, pianti, risa, aspettative, sogni. Il regista ne tira i fili, come un burattinaio ne decide i movimenti, la postura, i gesti, i toni. Sul palco non sono più io. Abbandono tutte le mie delusioni, la mia personalità. Mi svuoto per far spazio al personaggio. Qualcuno potrebbe dire che sono un falso. Si, lo sono, lo ammetto. Il mio lavoro è così emotivamente provante che non so più dove finisce il personaggio e dove inizia la persona. Quanti di voi però sarebbero in grado di dirlo? Guardatevi dentro, spettatori critici e attori inconsapevoli delle vostre vite. Quanti di voi possono dire di non indossare una maschera nella loro vita quotidiana? Quando sorridete al tabaccaio che vi sta antipatico, quando annuite ad un capo col quale non siete d'accordo, quando tacete davanti ad un sopruso.

Un giorno ho visto un bambino ridere di gusto sotto il solletico di suo fratello, io no, io non riesco più a ridere.
Un giorno ho visto una donna piangere dopo un litigio con il suo fidanzato, io no, io non riesco più a piangere.

Io governo la finzione, mi ci guadagno da vivere. Non pensate però che fra la gente io sia diverso. Sorrido mentre compro il giornale, mentre faccio la fila alle poste, quando prendo un caffè al bar. Il vuoto però mi strazia dentro. Mi piacerebbe dire che tutto quello che provo è a causa di una donna o a degli affetti mancati. Invece no. Per comunicare emozioni sulla scena ho dovuto privarmi delle mie e spogliarle di ogni significato. Per piangere ho dovuto maltrattarmi portando alla mente tutti i miei più brutti ricordi, per ridere ho dovuto rivivere tutte le situazioni più piacevoli. Ad un certo punto tutto è diventato automatico. Non avevo più bisogno di pensare a nulla. Ho iniziato a provare sensazioni a comando, quando lo sceneggiato lo richiedeva. Dannato il metodo! Sono il pupazzo di un ventriloquo, un maledetto morto vivente.

Cerco l'ispirazione. Rifletto.

Alzo lo sguardo, si accendono le luci. Sorrido. Inizia la commedia.

3 commenti:

  1. tralaltro poi è andato a fare la spesa, ha comprato farina patate pomodoro e formaggio.

    un grande quell'attore!

    RispondiElimina
  2. bellissimo questo racconto e questa riflessione. in fondo siamo tutti attori di un teatro..

    RispondiElimina