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lunedì 6 febbraio 2012

1912 - 1954

“Sta uscendo quello schifoso!” disse uno dei ragazzi nella folla fissando la cima delle scale del commissariato di polizia. L'animo di tutti si scaldò in un attimo, alcuni alzarono velocemente dei cartelli di cartone improvvisati, altri iniziando a gridare frasi irripetibili. “Devi morire, schifoso pederasta!” disse il più giovane del gruppo, tentando di lanciare un uovo. Afferrai il braccio del ragazzino, strattonandolo. L'uovo, che ormai aveva ricevuto la forza sufficiente per spiccare il volo, partì roteando verso la direzione del povero Alan, che scendeva la scalinata con una mano nella tasca. Colpita la fronte, l'uovo si ruppe in mille pezzi, macchiando di albume e tuorlo la sua elegante giacca, nonché rovinando la pettinatura pressocché perfetta dei suoi capelli bruni divisa in due parti da una riga. Neanche la vista della sua cravatta irrimediabilmente rovinata ne tolse lo sguardo pensieroso dal volto. Quello sguardo lo conoscevo bene, erano ormai alcuni anni che lavoravo con lui, dalla fine della guerra. Matematico illustre, filosofo eccezionale, iniziai a seguire il suo lavoro da metà degli anni trenta, mentre riceveva il suo dottorato in ricerca. Io allora ero un semplice studente non ancora laureato di Cambridge ma quel ragazzo iniziò ad affascinarmi, con la sua aria assorta ma con la sua mente geniale. “Smettetela, il dottor Turing non è solo un genio, è un eroe!” dissi, facendomi spazio spintonando la folla che tentava di sfondare il cordone di polizia che lo proteggeva da una sicura linciata. “Alan!” gridai, allungando un braccio verso di lui attraverso le guardie, sfiorandone leggermente la morbida e rasata pelle del volto. Lui non se ne accorse nemmeno. Avrei dato migliaia di sterline per sapere che cosa avesse nella testa in quegli istanti. La fulminea intuizione seguita da un lento ed accurato lavoro universitario, ne consacrarono il successo. Una macchina che potesse essere “universale”, che potesse risolvere qualsiasi problema l'uomo le insegnasse a risolvere grazie ad un numero finito di regole. Sicuramente Gödel sarà schizzato sulla sedia, alla lettura di quell'articolo. Poi certo, iniziò la guerra e di tempo per stupefacenti formalismi e macchine ideali ad Alan non ne rimase poi molto. Se non fosse per lui oggi parleremo tutti tedesco, ne sono sicuro, scommetterei la mia stessa vita per dichiararlo. Aver rubato una di quelle macchine da scrivere cifranti naziste fu importante, ma non quanto averla data in mano al giusto gruppo di ricerca, che in poco tempo grazie alla formidabile propensione di Alan alla crittanalisi riuscì a “scardinare” il codice, permettendo di intercettare e decodificare tutte le comunicazioni tedesche. È possibile che debba ricordarlo io a questi bigotti ignoranti che ora lo insultano? Ormai membro della società reale, iniziai ad assisterlo nei suoi lavori. Non che ce ne fosse bisogno, sia chiaro, ma una mente così sovraccarica di idee doveva essere seguita da una che invece tentasse di riportare le intuizioni e darne una forma stampabile. Così pensieroso non si accorse mai veramente della mia presenza, mentre ero lì a ricopiare le sue infinite lavagne prima che le cancellasse preso dalla smania di completare una dimostrazione. Ero lì ad ascoltare anche mentre ad alta voce parlava da solo di come un test basato sul gioco dell'imitazione potesse definire una macchina “pensante” oppure no. 1950. Nelle case ancora non arrivava l'acqua potabile e lui pensava già alle “macchine pensanti”, all'intelligenza artificiale. Poi arrivò quel dannato criminale, quel ragazzino, Arnold. Con l'inganno si fece invitare a casa di Alan per rubargli tutto, dopo ovviamente avergli fatto credere che l'amava. Va bene, qui Turing peccò di ingenuità, andando a denunciare il furto alla polizia dichiarando la sua relazione co il giovane Arnold. Che cosa avrà pensato di ottenere? L'avrà saputo che relazioni di quel tipo sono perseguite dalla legge al giorno d'oggi. Comunque, dopo la condanna per atti osceni decisero di offrirgli un alternativa farmacologica al carcere, per “curare” la sua condizione. Oggi sarà finalmente libero, potrò finalmente ricominciare a lavorare con lui, ad ascoltare affascinato ogni logica parola uscire dalle sue labbra. Non so come andrà a finire ma il dottor Alan Turing ci stupirà ancora.
 “Hyperboloids of wondrous Light Rolling for aye through Space and Time Harbour those Waves which somehow Might Play out God's holy pantomime” 

 Il 7 giugno 1954 il matematico Alan Mathison Turing muore suicida ingerendo una mela avvelenata con il cianuro dopo gli enormi scompensi fisici causati dalla cura a base di estrogeni.

2 commenti:

  1. Bella la frase di touring, xera pure poeta.
    Grazie paja che cell'hai spiegato così ben!

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