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lunedì 24 ottobre 2011

Sindrome di Münchhausen

Dopo aver sputato a terra, con le mani nelle tasche, alzò lo sguardo maledicendo i genitori che avevano avuto la crudeltà di concepirlo. Mise la mano sulla testa ed iniziò a grattarsi compulsivamente. Sentì la sensazione di piccoli insettini che si muovevano fra i suoi capelli castani e lentamente si insinuavano al di sotto della pelle. Estrasse una piccola rubrica dalla tasca posteriore dei pantaloni, infilò una mano sotto il maglione ad afferrare la penna a sfera che si trovava nel taschino della camicia. Il taccuino era rivestito da un sottile strato di pelle nera, dalle pagine ingiallite uscivano due nastrini di stoffa blu. Con il dito indice puntò la lettera “P” e con il pollice strinse l'etichetta aprendo il libricino proprio al punto stabilito. Arrivò con la penna al primo spazio libero e segnò: “Pidocchi”. Paolo chiuse il tutto e lo riposizionò al proprio posto.

“Cento” pensò “numero tondo. Cento differenti patologie in un solo corpo umano. Sono sicuro che negli Stati Uniti i medici farebbero la fila per potermi studiare!”. Lesse la targa dorata con inciso il nome “Dott.ssa Sandrini Francesca” e schiacciò il pulsante dorato aprendo il cancello.

In piedi nella stanza d'aspetto un uomo con l'impermeabile grigio e un paio di giganteschi baffi sul volto pareva reggere il peso del muro e quindi di tutto lo stabile con la spalla. Il folle ipocondriaco gli si avvicinò strisciando i piedi ed iniziò orgoglioso:

“Cosa è venuto qui a fare? Non sembra malato! Sono sicuro che è qui per qualche stupido gocciolamento di naso oppure per un colpetto di tosse di troppo. Lo sa che dovrei passarle davanti di diritto? Guardi qui, guardi queste occhiaie. Insonnia. Dia un'occhiata alla mia pelle. Psoriasi. Oggi potrei elencargliene altre novantotto diverse. La famiglia del farmacista quasi la mantengo io.” estrasse una pillola dalla tasca “vede questo? È il settimo farmaco di oggi, e sono solo le nove del mattino!”. Volutamente tossì sputacchiando il signore che pareva non mettere attenzione alle parole che sentiva. Con un gesto della mano fece segno al malatino di passargli pure davanti.

Paolo, svicolando davanti al signore pensò “Funziona sempre!”

L'uomo, piegò il foglio che teneva in mano, il tono di quella lettera suonava come una condanna a morte. La fredda scritta diceva: “Terminale”.

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