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martedì 11 ottobre 2011

Un italiano a Pechino

Libertà, euforia e rinascita: era l'atmosfera che si respirava a Pechino dopo la fine delle olimpiadi. Migliaia di persone si erano riversate chiassose per la strada come per il capodanno cinese, i bambini correvano liberi in tutte le vie bloccate al traffico grazie alle manifestazioni sportive. A Walter poco importava di questo, bloccato alla scrivania del suo ufficio proprio sopra la via principale della città. Prese un grosso faldone rosso, lo mise davanti a sé e lo aprì. Appoggiò una mano alla fronte corrucciata e scosse la testa lentamente, in segno di rifiuto. Guardò l'orologio, anche quel giorno sarebbe rimasto in ufficio fino a tardi. Chissà come se la stava passando Piero, unico italiano dell'azienda oltre a lui. Erano l'effetto migliore della delocalizzazione in materia di laminati plastici. Senza famiglia, quindi esportabili. Walter chiuse il faldone, si alzò e si diresse verso l'amico intento a riportare dati in tabelle.

“Per quanto ne hai ancora?” gli disse.
“Guarda, non me lo chiedere, sto navigando in un mare di guai.” rispose Piero.

Walter non aveva mai visto Piero così preoccupato, quasi sicuramente stava lavorando a qualcosa di importante.

“Ascolta, anch'io ne avrò per molto ancora. Prima o poi mi troveranno ammuffito di fronte al mio computer. Che ne dici se facessimo una pausa?”

Piero si stiracchiò, allungando le braccia, sentendo scricchiolare la sedia e le ossa. Stropicciò gli occhi e guardò tentato l'amico in piedi di fronte a lui.

“Che diavolo, andiamo! Tanto rimarrò qui tutta la notte comunque!”

Aveva la mania di bloccare il computer tutte le volte che si allontanava dalla postazione, così lo fece. Una veloce combinazione di tasti ed era schizzato in piedi. All'inizio nessuno dei due fumava né beveva caffè. Poi, per concedersi delle pause erano passati dal bicchiere d'acqua del boccione in corridoio, al caffè americano in tazza grande, alla sigaretta sul balconcino, infine al caffè più bicchiere d'acqua più sigaretta lunga sul balconcino. Ultimamente avevano aggiunto una nuova insolita attività alla loro pausa, che dai tempi di Eduardo De Filippo non era così in voga.

“Ci divertiamo un po'?” disse Piero che lentamente si muoveva in direzione della brocca di caffè

“Prima o poi ci scopriranno...” disse sottovoce Walter, dimenticando che nessuno li capiva quando parlavano italiano. Aggiunse: “Al diavolo! Facciamolo.”

Si misero sul balconcino ed iniziarono a scrutare le persone che spegnevano le sigarette e si apprestavano ad entrare. Scelsero quello che più aveva la stupidità stampata sul volto, occhialoni da secchione e sorriso finto, di circostanza. Walter girò la testa verso Piero ed annuì. Piero a quel punto fece come a prendere la rincorsa con la lingua, che piazzò velocemente in mezzo alle labbra. Soffiò forte ed emise il classico suono che tanto ricorda una flatulenza. Accompagnò la pernacchia con il gesto delle corna. Il cinese, stupito, si fermò e si girò verso i due, visibilmente divertiti.

Walter usò il suo inglese incespicante per spiegare che, in Italia, quel gesto è utilizzato per augurare il buon proseguimento della giornata e dell'attività lavorativa. Aspirò forte dalla sigaretta con fare sicuro, come a dimostrare la verità delle sue parole.

Il cinese a quel punto rispose imitando il gesto, inaspettatamente molto bene, asciugandosi poi il filo di bava che gli era colato dalla bocca.

Disse, mostrando il badge spillato alla camicia, riportante il nome “Yan Di Girolamo”:

“Oh, gli italiani si fanno riconoscere proprio dappertutto!”

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