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lunedì 7 novembre 2011

A.

A Marina, donna e madre

A- B! senti questa, guarda cos’ho trovato!

- MANIFESTO DELL’INFATTIBILE

· Ogni giovane, l’essere umano in generale, sente la frenesia di trovare qualcosa o qualcuno

per cui vivere e spendere le proprie energie. Spesso ci si trova oppressi dalla sensazione

del tempo che passa inesorabile e veloce, che sfugge di mano e dà una sensazione di

annientamento e impotenza.

· Dobbiamo purificare la nostra mente da ciò che è convenzionale e superficiale, che non ci

appartiene o che ci è imposto. Dobbiamo abbandonare i pregiudizi, i luoghi comuni, i

preconcetti e formare una nostra visione originale/critica del mondo.

· Contro le regole perpetue di un mondo che si prefigge di conservare uno stato quo privo di

scopi e ideali, i cui fini sembrano essere prettamente economici e utilitaristici. Deve

essere un’azione rivendicativa dello spirito giovanile contro un ordine che si rivela

incapace di alimentare le energie migliori dell’individuo, di incanalare le sue

potenzialità creative.

· Creare uno spazio in cui esprimere la nostra insopprimibile diversità – ognuno è diverso da ognuno-.

· Siamo in preda di una propaganda commerciale ripetuta a tambur battente su tutti i muri e

gli schermi ad opera di chi intravede in noi un potenziale consumatore di nuovi prodotti.

Preda di chi vuole ottenere un facile controllo mistificando per trasgressione ciò che

altro non è se non una nuova forma di conformismo.

· Luogo comune è pensare che i giovani siano liberi e quindi siano privi di complessi,

siano disinibiti, siano felici della vita. In realtà la libertà a noi concessa è falsa e

soprattutto concessa dall’alto e non conquistata dal basso. Poiché viviamo in una

società repressiva che sporca e corrode tutto, sfruttando anche le più pure delle arti

per laidi scopi. Le società repressive permettono qualcosa e si può fare solo quel

qualcosa.

· Contro la tristezza di una vita e una città definita e ferma. Ci sembra di stare in un

luogo piccolo e stagnante, incredibilmente compiaciuto del molto poco che ha da offrire a

se stesso.

· Contro il nostro immobilismo. E’ facile stare lì defilati dietro una porta a dare giudizi

sul mondo e sentirsi più nobili e puri e coerenti di chiunque altro. Bisogna esporsi e

rischiare.

· Contro ipocrisia e ambiguità.

· Bisogna riscoprirci curiosi appassionati, credere in qualcosa di nostro, fare qualcosa di

nostro e non limitarci a scegliere tra le opzioni che ci vengono sbattute in faccia.

· L’Italia ci sembra un paese volgare e avido e sgangherato, un imbecille ambiguo ed

esibizionista di paese, che invece di provare a migliorarsi sviluppa le sue attitudini più

superficiali e meschine ogni volta che ne ha occasione.

· Non si vuole creare nulla di nuovo o ‘alternativo’; si vuole semplicemente fare qualcosa

che sia veramente nostro, conquistato da noi e non adeguarci o vestire una delle divise

offerte da qualcun‘altro.

· Vogliamo semplicemente dare forma a quella energia, a quel potenziale, a quella creatività

che ogni giovane ha e che questo tipo di mondo non riesce ad ascoltare. Un potenziale

spesso annegato, bruciato in cose meramente futili e superficiali che la società spaccia

per modelli di successo con i suoi messaggi più viscidi e corrotti.

· Spesso questa situazione di inespressività invece di farci venire voglia di muoverci ci

invischia in una colla di dispiacere e noia e mancanza di ragione fino a renderci del tutto

inerti, facendo puro vittimismo senza dire e fare niente, semplicemente subire e ingozzarsi

fino al vomito per poi rimane immobili fino alla prossima ’evasione’. Dobbiamo recuperare

i segnali puri e semplici che ci lancia il mondo e la sua natura.

· Siamo vittime di un genere di autodistruzione di massa: uno spreco immane di qualità

mascherato dietro ad un velo dorato di finto benessere. Dobbiamo ribellarci.

· Ci sembra di essere dentro un meccanismo completamente assistito in cui da un certo punto

in poi ci si trova su una strada e non si ha più la possibilità di mettere in discussione

il percorso, ma si può solo valutare le opzioni che ci vengono proposte. Dobbiamo

prenderci le nostre scelte, il nostro tempo, i nostri spazi; se non lo facciamo qualcuno è

felicissimo di farlo al posto nostro.

· Vogliamo dire stop. Calma. Fermiamoci un attimo. Siamo imbottiti di questa ideologia del

movimento continuo verso il nulla che ci sfinisce abbastanza da dare l’idea di essere

davvero impegnati in qualcosa. Quello che ci rimane da fare è autodistruggerci al venerdì

e al sabato sera: unica evasione che ci offrono al posto di coltivare le nostre passioni.

E’ più semplice, facile e soprattutto vantaggiosa in termini economici e di controllo.

Dobbiamo trovare entusiasmo per ciò che è bello per noi.

· Dicono che il futuro è nostro. Noi diciamo che dobbiamo prenderci prima il presente.

· Diamo voce al nostro io: usciamo, moriamo per questo.

· Questa è un messaggio e una richiesta di aiuto a tutti quelli che non si accontentano

delle spiegazioni tranquillizzanti, a chi è mosso dall’inquietudine di vivere, a chi è

scettico nei confronti dei ‘paradisi’ offerti, a colui che rifugge la mediocrità, a

ragazzi e ragazze donne e uomini che cercano risposte non convenzionali,a chi è alla

ricerca della pienezza della vita. Per comprendere noi stessi.

· Non vogliamo appiccicarci addosso una bandiera o un simbolo che sia nero o rosso o bianco o

verde. Rifiutiamo ogni tipo di divisa. Se dobbiamo essere giudicati vogliamo essere

giudicati per quello che siamo e diciamo e non per quello che ’sembriamo’.

· Vogliamo creare uno spazio nostro, dove ognuno possa avere la possibilità di manifestare

le sue attitudini e la sua creatività senza disinibizione.

· Cultura, arte, informazione. (cineforum con film in lingua originale - tema mensile -,

esposizioni -pittura, fotografia,.. -, letture musicate, cene, musica, teatro, gite..)

· Rimpadronirci della comunicazione anche sfruttando il potenziale che la tecnologia offre.

· Dobbiamo essere bambini responsabili e non adulti immaturi e mediocri.

· Guardare senza paura la diversità affinché questa possa essere un motivo di ricchezza

collettiva e crescita personale. (differenza classe sociale, ragazzi diversamente abili,

immigrati).

· Siamo aperti a qualsiasi tipo di iniziativa e proposta.

· Bisogna recuperare il significato vero delle parole e delle emozioni. Troppe belle parole

sono sprecate e buttate via. -

Rido. Decisamente rido. Rido nel rileggere questo manifesto: il manifesto dell’infattibile, scritto da me medesimo quasi tre inverni fa (febbraio 2009), quando l’atelier era solo un garage, quando il noi che anticipa ogni imperativo era un noi che non aveva volti.

Ti prego: ridi anche te, perché alcune frasi non si possono proprio leggere! Dai! perdonami l’irruenza ribelle tardo adolescenziale viziata da palesi letture di marchio filo lana rossa.

Rido, però, anche perché alcuni punti, evidentemente i più personali, dell’Infattibile : non solo sono diventati non-infattibili, ma anzi si sono incarnati e manifestati a suon di concretezza.

B- Effettivamente..due risate che odorano di radical - anacronismo me le sono fatte mentre leggevi. Ma insomma ci sta..ggiovine tu eri. E appena svegliato! Ma poi? Scusa..vai avanti con la storia..che è successo? L’eventualità?

A- Ma nulla di che. La predisposizione diventa incontro e l’insofferenza virtù. Un girasole soffia su di te e apre le tue porte. Danza dentro di te. Inizi a sentire la musica..eccola..non la senti? Si che la senti anche tu! Ti volti e altre figure, belle, alte, longilinee stanno danzando al tuo lato. Altre sono lì sedute, irresistibilmente seducenti anche loro, aspettano solo l’invito alla danza.

B- Mi stai parlando di appartenenza? Di questo mi stai parlando? D’appartenenza?

A-Si! Esatto B! d’appartenenza. Sai è difficile ballare senza cuffie, fare balli di gruppo, quelli seri però. Almeno per me lo era. Sfiduciato, grigio e senza dio. Poi il culo di trovare una funicolare di idee, la catalizzazione fisica dei corpi, l’atelier, B! L’atelier! l’appartenenza credo che sia prima di tutto tattile, la voglia di dipingere, di modificare il luogo. E’ una sensazione riempitiva, qualcuno diceva. Il luogo è identificazione, c’è poco da fa.

Una volta ho studiato i liquidi: i liquidi non hanno forma, prendono quella del recipiente nel quale si trovano: che dici di questa B? Quindi noi siamo dei liquidi (sai B, ora posso parlare di noi con il giusto nesso logico, è un noi che ha nome e cognome), esistiamo chiaramente aldilà di una capienza, ci muoviamo, ci infiliamo, occupiamo gli spazi, i vuoti. Il liquido generico segue semplicemente l’inclinazione del piano. Ma sai B, se tu trovi uno spazio che proclama la tua non parcellizzazione, che t’abbraccia senza comprimere le tue cellule, e lì dentro non rimani trasparente, ti mescoli agl’altri liquidi, diventi giallo, blu, rosso, acquisti le sfumature del protagonismo, B! è pazzesca questa cosa! Fidati!

B- Mi fido. Mi fido.

A-Sai B. Poi c’è da dire che la costituzione della spontaneità è difficile da gestire. La coerenza della spontaneità me la sai definire? Che è la coerenza?

B- La coerenza?

A- si la coerenza! Che è? Il seguito della spontaneità? Il non rinunciare ad essa? O il mantenimento fedele ad una linea? Quale linea poi? La linea della necessità di comunicazione, di autodeterminazione nel nostro tempo, nel nostro spazio? Di certo, cosa che è capitata, è quella di riempire le pareti, di dipingerle, di crederle di nostra unica proprietà, quando invece sono pareti condivise, contenitive e non formative. Questo si, se si vuole in questo caso la liquida spontaneità, che si badi non vuol dire imbecillità o totale assenza di considerazioni, deve sempre aver la nozione di ciò che va ad occupare, di ciò che è possibile dipingere e non di andare oltre la tela, di non colorare ciò che è restio alla tinta.

B- Insomma tu mi stai tirando un pippone pazzesco per dirmi che la coerenza non può appartenere ad un essere informe, ma che questa sia, se non dettata, almeno proposta dai principi contenitivi dell’informità?

A- Più o meno può essere semplificato così. Detta così però sembra che i liquidi siano esenti da qualsiasi tipo di legge interna che regoli il loro stato, meccanico e spirituale. In realtà ogni realtà fluida ambisce al suo equilibrio e dentro di essa prima di tutto si autodetermina. I processi variano, s’inseguono, cadono e si ricostituiscono, magari ponendo parti solide all’interno di essi. Solide ma non statiche. Ed è così caro B. !

B- Capisco..sai è proprio bello quello che state facendo: mi piace perché vi muovete nel campo dell’umanità e del necessità incessante di comunicazione, tra l’essere stesso e tra gl’esseri stessi e la società. Come l’uomo delle caverne che segnava le rocce. Come mio fratello, di 6 anni, che scribacchia sui tavoli di scuola.

A- Già. Umanità B. Umanità..qual scopo primitivo e ultimo! Che mi dici di questa B? Che mi dici?

B-..A..scusami. Ma non ce la faccio più. Mi serve un po’ de aria.

A- Lo so. Scusami te. Sono pesante! Ma da qualcuno pur ho imparato ad esserlo!

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