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lunedì 26 marzo 2012

Il tacchino induttivista

“Sono di nuovo le nove… Non posso proprio esserne sicuro ma adesso ci porteranno da mangiare!”.
Dal fondo della fattoria si avvicinava la moglie del fattore. Donna particolarmente pienotta e con un vestito molto vaporoso di colore azzurro. Sopra un grembiule bianco dalle quali tasche fuoriuscivano erbe da campo.
“Eccola, sta arrivando! L’avevo detto! Nove in punto! La campana ha smesso di fare il suo nono rintocco!” – poi sottovoce si disse: “ Va bene, calma le arie stupido di un tacchino. La signora viene tutti i giorni alle nove, da una settimana, e dalle sue mani gonfie viene lanciato dell’ottimo mangime.”
Il tacchino si appoggiò un’ala sotto al mento, becco all’aria, pensieroso. Cominciò a girare avanti ed indietro per l’aia, sgranocchiando di tanto in tanto qualche seme colto dal terreno.
“Quando potrò sapere che la signora segue sempre questa fantastica regola? Quando potrò prevedere con precisione l’attimo in cui la vedrò sbucare dalla casa padronale con il suo secchio di spettacolari leccornie?”
“Mai caro mio, mai!”
disse Bertrand, un tacchino spuntato fuori dalla casetta in legno. Aveva un paio di folti baffi, era un giovane brillante che quando parlava ci sapeva dannatamente fare con le parole. Quella volta invece destò subito sdegno nel volto dell’altro giovane induttivista.
“Guarda caro che io sono qua da molto più tempo di te sai e non mi frega nessuno! Io tutti i giorni vedo la signora arrivare, ogni giorno allo scoccare della nona ora! Se prima poco ci mancava all’essere convinto ora lo sono proprio! Posso prevedere con assoluta certezza che domani la signora arriverà alle nove!”
Il silenzio calò nel pollaio. Chi aveva osato sfidare il giovane Bertrand, che con la sua arte oratoria tutti deliziava di colti ragionamenti! Il gruppo si radunò intorno ai due, gli allibratori aspettavano silenziosamente le parole di Bertrand per poi piazzare le quote per il vincitore.
“Guarda, potresti anche avere ragione, io però non mi fiderei più di tanto…” – disse allontanandosi.
Il gruppo di tacchini sopraggiunti si disperse, tornando al loro beccare e chiacchierare. L’induttivista spavaldo invece si pavoneggiava, scuoteva in alto il suo becco con aria di vittoria. Iniziò subito a fare caso al tempo che scorreva, lentamente, aspettando solo di poter dire: “te l’avevo detto!”

La notte passò serena per tutti a parte che per Bertrand che si rigirava nel letto. Che interesse poteva averne quella brutta signora della nostra pancia da riempire?

Mancava poco ormai alla nona ora, e tutti i tacchini si misero a guardare nella direzione della casa seguendo il consiglio del buon calcolatore. Allo scoccare della campana la porta della casa si aprì e la signora iniziò ad avvicinarsi al pollaio. Bertrand se ne stava in disparte, quando ad un certo punto guardò bene colei che piano si avvicinava.
“Ehi, ma dov’è il nostro cibo?”
Tutti iniziarono a guardarsi intontiti. Che Bertrand avesse avuto ragione anche questa volta? La signora nel mentre era entrata nel recinto scrutando per bene tutti i tacchini. Pian piano si avvicinò a Bertrand e lo afferrò alzandolo ad un metro e mezzo da terra. Da quella prospettiva poteva vedere tutto. Poteva guardare il rosso tetto della casa, il bianco muretto di confine, l’altalena nel giardino e quella scritta sull’uscio di casa: “Buon Natale”.

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