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lunedì 19 marzo 2012

I diari di Gauss

La maestra sbuffò dalle narici lentamente, a svuotare i polmoni e a calmare le tensioni. Appoggiò il gomito sulla cattedra e con la mano si resse il mento. Avrà avuto vent'anni, non di più. I bambini spaventati dall'atteggiamento dell'educatrice avevano frettolosamente alzato l'asse di legno dei banchi per accedere ai quaderni posti sotto. Come perfette macchinette sincronizzate avevano impugnato la matita ed avevano diligentemente iniziato a computare una lunga sequenza di numeri. Defilato completamente dall'atteggiamento dei suoi piccoli colleghi, Carl se ne stava fisso a guardare fuori dalla finestra ogni foglia staccarsi dai rami del maestoso albero che si ergeva nel giardino della scuola. Ogni foglia cadendo compiva circonvoluzioni diversificate dalla propria forma, altezza e dalle condizioni di vento. Com'era magnifico quel avvitarsi su sé stessa per poi fare cumulo con le altre, già adagiate sulla terra. Carl aprì rumoreggiando il suo banco e ne estrasse il blocco per gli appunti, facendo ridacchiare i suoi compagni di classe dato la maestra l'aveva guardato storto. Passò una mano sulla ruvida copertina di cartone, sul quale aveva riportato il suo nome e il suo indirizzo. Una piccola scritta sul retro indicava “Se trovate questo quaderno, prego restituirlo alla famiglia Gauss”. Carl non l'avrebbe mai perso. Il suo maniacale perfezionismo lo costringeva ad avere tutto sotto controllo, neppure una foglia ai piedi dell'albero non era stata osservata e contata. Sapeva addirittura quanti passi doveva compiere dalla sua abitazione al quartiere della scuola.

“Che noia” - pensò fra sé e sé - “non c'è modo migliore per farci odiare la materia. Che senso ha avere testa per pensare quando poi ti vengono chieste simili banalità meccaniche! Qual'è la somma dei primi CENTO numeri poi? Perché non mille, diecimila, centomila?! Lo so io il perché. Sommare cento numeri è un lavoro lungo e fra un'ora quell'odiosa maestra si sarà sbarazzata di noi mandandoci a casa.”

Iniziò a pensare quando aveva acquistato quel blocco, nella bottega di fronte alla scuola. Ogni giorno ci passava davanti sognando di avere un quadernino come quello degli altri studenti, con la copertina in pelle e le pagine candide e profumate di nuovo. Un giorno ci era pure entrato, chiedendo i prezzi di quasi tutto quello che vedeva. Aveva poi cacciato le mani nelle tasche contando rapidamente i soldi che conteneva passando le monete fra le dita. Non avrebbe potuto permettersi nemmeno il più infimo fra i blocchetti di quel rivenditore. Vide poi un ingiallito quaderno vicino alla cassa, con la grigia copertina di cartone.

“Me lo vende quello?” - disse, rivolgendosi al commerciante.
“Cosa? Questo vecchio blocchetto che uso per i miei conti?” rispose con uno sguardo di stupore.
“Vedo che è appena iniziato. Vende gli accessori per scrittura più belli di tutta la città e si riduce a scrivere le sue cose su un bisunto straccio di carta?” lo incalzò il piccolo Carl.
“Va bene, come vuoi tu! Quanto mi dai?”

Carl si limitò a svuotare le tasche rovesciando poi gli spicci sul bancone.

“Affare fatto.” disse il venditore strappando le tre pagine di conti scarabocchiati.

Il bambino afferrò avidamente il quaderno uscendo dal negozio soddisfatto. Ora anche lui aveva un diario personale dove annotare i suoi pensieri. Passando di fronte alla grande biblioteca della città, si era fermato per guardare i libri, sfogliarli, assaporarne l'aroma. Aveva poi passato un dito sul grosso tomo di Euclide, quello famoso per i postulati. Si accorse quanta polvere vi si era depositata sopra e di quanta poca sotto. Si sedette ad un piccolo scrittoio, aprì il libro e iniziò a riportare le geniali intuizioni di quel matematico antico, che sentiva simile a lui. Fu l'unica cosa di terzi che scrisse sul suo quaderno, quasi per onorare quel grande genio.

Ora doveva fare quello stupido conto. Stancare la mano e non la mente a scuola, in quel posto di cultura! Carl non sapeva ancora quante cose avrebbe scoperto, ma in quel momento pensava solo a quanto i numeri, i suoi amati, gli fossero di intralcio.
Si arrabbiò, pensando “Siamo i divini creatori di questo mondo di regole, di schemi, di numeri. Siamo gli allegri pittori di questa tela di intuizioni, di queste opere d'arte della fantasia. I numeri però, seppur da noi creati, godono di proprietà che non avevamo previsto, come se avessero preso vita. Magari proprio adesso stanno cercando di parlarmi, di dirmi che questo conto non è necessario, che ci sono altre vie che loro stessi hanno inventato per semplificare”

Poi, ad un tratto, i numeri iniziarono a sposarsi. Il più piccolo con il più grande, formando sempre la stessa coppia. Come accompagnati da una strana musica, cento iniziò a ballare con uno, novantanove con due e così via. Avevano iniziato questa quadriglia dove tutte le coppie erano identiche, seppur composte da elementi diversi. Cinquanta volte centouno! Scrisse il risultato sul quaderno, e lo portò alla maestra, allibita.

“Carl, ti stai giocando di me?” disse la giovane educatrice battendo la stecca sulle nocche del povero bambino. “Non puoi averlo fatto a mente! Vai al posto e non ci provare più!”

La maestra non conosceva il risultato dell'operazione, ma sicuramente un bambino di dieci anni non avrebbe potuto metterci così poco. Gauss, dal canto suo, capì come la maestra non potesse crederci se non dimostrato. Si mise quindi a creare uno schema e giustificò il suo risultato. La giornata di scuola era ormai finita e la maestra scoprì che cinquemilacinquanta era proprio il risultato corretto, andando a casa chiedendosi come quel piccolo scolaro avesse fatto.

Gauss diventò un famosissimo matematico, noto a tutti i popoli a venire. Il suo blocco per gli appunti venne riempito di favolose innovazioni, dalla curva tanto odiata dagli studenti di statistica alla negazione del quinto postulato di Euclide. A volte non serve un quaderno costoso per scrivere grandi idee.

1 commento:

  1. spettacolo pensare a Gaus che guarda dove si ammucchiano la maggior parte delle foglie che cadono dall'abero e dove se ne ammottano meno e si immagina la gaussiana!!! SPETTACOLO!

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