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martedì 18 gennaio 2011

Vomito republic

Sto per vomitare. Ecco ci siamo. Finalmente vomito. Con eleganza classica sollevo la corona del water, chino leggermente il busto e a ritmo di conato il miscuglio di sostanze organiche e non, con moto esclusivamente gravitazionale, va a incidersi con il lato inclinato del cesso. Finalmente un po’ di colore. Sono soddisfatto come poteva essere un Dalì nell’ultima spalmata di vernice sui molli orologi. Un altro attacco della cavalleria del rigetto. Schizzi ovunque. La quantità della massa del rigurgito è proporzionale alla mia soddisfazione civica e morale. Finalmente entro a far parte della società; finalmente riesco a essere uno come loro. La mano si ferma sul pulsante dello sciacquone che come un boia andrà a sterminare l’atto del mio primo debutto, il prodotto della prima gioia riconosciuta, dell’orgasmo legalitario. C’è Lara che m’aspetta, devo andare. Lascio scorrere l’inglorioso liquido trasparente, apro la porta del bagno e così lascio alle spalle ciò che per la storia, la mia storia, sarà ricordato con aggettivi paritetici e associabili alla rupe dei re o alla fonte battesimale di Carlo Magno. Rientro in salone e trovo l’attesa degli sguardi di tutti gli invitati: vedo in loro ammirazione, meraviglia, dai più giovani quasi venerazione. Addirittura qualche anziano vomitava, in segno di ovvia lode, nelle varie lunghe e affusolate vomitiere disposte qua e la nello spazio della festa. Orgoglioso di me, pavidamente impacciato ricompongo il disegno dell’apertura della giacca, lucido con una candida seta il lembo destro del labbro inferiore, e mi dirigo verso Lara. Seduto al fianco di Lara c’era mio padre, insito cavaliere della repubblica del vomito, che per la gioia aveva imbrattato di fluido intestinale tutto il tavolo. Uno spettacolo d’appartenenza. Bravo figliuolo bravo figliuolo.

Da quella sera in poi le mie giornate furono dedite all’ esercizio all’arte del vomitare: nel principio ero ancora goffo e faticavo molto nell’espulsione delle forme tritate, il corpo imbelle si ribellava. Ma poi fu uno spasso e divertimento assoluto: guardavo le stelle e vomitavo, le feste erano accompagnate da vomitate collettive, a volte perfino facevo all’amore con Lara e vomitavo. Mi sentivo come lo zio Albert che non riusciva a smettere di ridere nell’ora del te con Mery Poppins. Però io vomitavo, non ridevo. L’uso della risata era stato bandito nella repubblica del vomito dal decreto legge di quindici anni fa: il riso infangava il nome della libertà e della democrazia, la spontaneità dell’ilarità era negata per far posto al vomito , al disgusto che più di ogni cosa rende comuni tutti.

Ed ora eccomi qua. Nei centovent’anni che ho vissuto dopo quel periodo ho vomitato e rivomitato ancora. Divenni generale dell’esercito della repubblica del vomito e sotto la bandiera della libertà e della democrazia conquistai e conquistai.Sbagliai tutto.

3 commenti:

  1. Duro attacco alla società

    mi è piaciuto!

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  2. Oddio lacrime e vomito...sono fiero di te. Da oggi sarai Sbochella.

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  3. vvb.
    and LDA: Lotta Diffusiva Antipessimismo. To be continue.

    Extreme la new grafica! a buso!
    'Viva la nonna di Tobia!'
    'Evviva Evviva'

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