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lunedì 30 agosto 2010

uno stralcio di vita

Stradine inerpicate nella dolce brezza oceanica quasi invisibili nella moltitudine. In lontananza una piccola figura, un punto nero in mezzo alla polvere delle pietre, ai giochi di luce. il puntino si fa linea, poi quadrato, poi figura, poi donna. Una donnina esile, antica. Gli occhi di un azzurro plumbeo come nelle giornate di temporali sulla riva dell’oceano quando l’acqua prende un colore quasi irreale, di un azzurro cielo, di un cielo indeciso e triste ma immensamente arrabbiato. La donna ormai devastata dal caldo di agosto e affaticata per gli innumerevoli passi già lasciati dietro di sé s'apprestava, priva di ogni forza, ad affrontare la sua ultima fatica: infiniti gradini ombreggiati da altrettanti panni stesi e flebili giochi di luce le indicavano il cammino...
Entrò in una piccola stanza, di una piccola casa e lo trovò seduto sul tavolo.. << è finita>> sussurrò.
Il labbro gli tremava un poco e lo sguardo non riusciva a porsi su nulla, sfuggevole e sfuggente, timoroso di farsi scoprire debole. La donna le si avvicinò, avrebbe voluto sussurrare o urlare o cmq smuovere quella situazione ma pensò che la cosa migliore fosse sedersi accanto a lui e ascoltare. Le parole uscivano a intermittenza, gli sguardi erano lontani, poi determinati e quasi piangenti. Una storia d’amore come tante. E come tante fa soffrire, ma la volta in cui sei tu il protagonista tutto sembra diverso, tremendo, irrecuperabile. Ti chiedi perché, rivedi gli anni vissuti insieme e non riesci a fartene una ragione. Ormai gli orizzonti si erano allontanati, la distanza li aveva distrutti. Provò a sfiorargli la mano ma il suo dolore era solitario, irraggiungibile. Quando si ama si sceglie di lanciarsi nel vuoto con la speranza di avere un paracadute sulle spalle, a volte cadi su un terreno soffice a volte su pietre taglienti e ogni tanto hai la fortuna di fluttuare in aria per un bel po’, vedere paesi, toccare la brezza ed essere accarezzato dal sole, ti senti potente, invincibile. Poi però per un nonnulla le ali cadono come Icaro, forse perché si è ostentato troppo e ti ritrovi a vivere come un alieno fra gli uomini, frastornato, tutto sembra distante e incomprensibile;
E così accadde anche per questa storia d’amore. Un volo lungo di quasi dieci anni e poi la caduta quasi rovinosa. La donna non sapeva come aiutarlo, avrebbe voluto dirgli che tutto passa ma lui lo sapeva già, avrebbe voluto dire che era la scelta migliore ma anche questo già sapeva. È dura veder soffrire qualcuno senza poter far nulla, solo stargli accanto, senza troppe parole, lasciando che la sensazione di dolore si trasformi in estraneità, poi rabbia, indifferenza e infine nuovo desiderio.
E vedere soffrire il proprio figlio così è proprio difficile. Tirò fuori un mazzo di carte di quelli logori e vecchi e decise che di fronte ad una partita e a un buon the rosso la vita doveva sembrare già un po’ più lieve. Intanto il giorno calava e le partite non si potevano più contare sul palmo di tre mani, così decisero di fare una passeggiata al tramonto. La loro era una piccola cittadina arroccata sul mare vissuta ormai da un centinaio di persone, con grandi lastre di pietra al posto dell’asfalto che luccicavano alla luce del tramonto. Gli alberi adornavano le vie strette e inerpicate e le due figure camminavano lente inseguite da lunghe e imponenti ombre. L’uomo si voltò, vide la piccola esile donna a fianco, con il suo bastone, gli occhi color cielo combattiva quanto fragile e sorrise. Aveva vissuto tutta la sua vita in quel paesino cucendo reti da pesca per i suoi uomini del villaggio e ora sfiancata dall’età si godeva quel che rimaneva da vivere, un po’ di quiete, un po’ di lamentele, i canti delle sirene e i tramonti lungo le vie della città. E lui ? pensò, che cosa sono io in tutto ciò, cosa sto vivendo. Sorrise fra se e se sentendosi un po’ ridicolo a quarant’anni suonati a porsi queste domande da filosofo incancrenito. Fece una breve analisi di sé. Figli tre, compagna di vita una, anzi no ora più nessuna, si sarebbe dovuto abituare disse ridendo fra sé e sé. Lavoro onesto e un poco inutile uno. Viaggi pochi. Felicità.... felicità? Da troppo tempo non sapeva più che cosa significasse questa parola come se si fosse annullata nel corso degli anni, fra un turno di lavoro e un altro. Fra i compromessi, le corse , le cene e le litigate sfiancanti. Cosa avrebbe detto ai figli? Come l’avrebbero presa?
Dicono che le separazioni sono sempre dure per i figli, il senso di colpa, ste cose qui. E gli amici? Si sarebbero divisi? E le cene al sabato sera? E il natale? E le vacanze al mare? E? improvvisamente si sentì mancare.. come avrebbe potuto affrontare tutto questo? Come avrebbe potuto amare, fidarsi ancora? La madre gli prese la mano, un sorriso caldo lo invase... e dolcemente le disse << una cosa alla volta tesoro>> incredibili queste mamme pensò indovinano con uno sguardo i pensieri, come se all’inizio le avessero dato un manuale per le situazioni difficili, le parole giuste al momento giusto i silenzi, gli sguardi.. anch’io vorrei questo manuale pensò. Poi sorrise, le stradine si aprirono verso il mare, scesero sulla spiaggia di ciottoli bianchi. Lui si avvicinò al mare e un’onda gli andò incontro. Incredibile. Mi ero dimenticato del mare. Sfiorò con una mano la spuma bianca che gli solleticò i piedi. Aveva dimenticato il mare. Per anni era venuto lì d’estate e lo aveva dimenticato. Anni di finte vacanze all’ombra di un albero con il giornale in mano senza un tuffo di acqua salata, senza un’occhiata all’immenso blu. Incredibile. Immerse nuovamente i piedi e poi di nuovo. Una cosa alla volta disse.

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