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martedì 2 novembre 2010

LE CIMITIERE DU PERE LASCHAISE


Sayonara è la settima parola più usata al mondo.

Monsieur Forleain sfogliava il dizionario giapponese con l'attenzione propria di chi ama il fruscio e il profumo delle pagine ingiallite.

Ogni mercoledì si recava al cimitiere du Pere Laschaise per curiosare tra lettere e codici di dizionari e enciclopedie. Amava la culla che gli riservava quel posto raggiungibile a soli pochi passi dall'uscita della metro.

In quei pochi passi sceglieva quale viso tener fotografato nella mente di quelli che avevano abitato la metro pochi istanti prima. In quella luce traditrice, gli sembravano tutti possessori gelosi di grandi storie. Quel giorno scelse il viso bucato di un'africana. Le piaceva la rigidità obliqua con cui leggeva il giornale.

All'entrata del cimitero, parcheggiava i rumori di Parigi all'esterno delle mura e si apprestava alla passeggiata tra i respiri pesanti dei luminari defunti.

Per lui, la pratica di recarsi al cimitero era più di un rito, si trattava di seminare e raccogliere

. Quel cimitero era oggetto di una devozione infinita per monsieur Forlain perchè corrispondeva esattamente all'idea di cimitero che è depositata in ognuno di noi: tetri gatti neri, silenziosi e incappucciati passanti, il cielo di fumo, e del grigio spennellato ovunque.. nonché i labirinti di sepolcri accasciati, gli scalini di ghiaia e gli spettri sibilanti dei morti.

Monsieur Forleain era un seguace di Platone, e qundi della necessaria corrispondenza del concreto ad un'idea.

E quel posto gli si incastrava tra le pareti cuore.

All'entrata salutava velocemente l'amato Proust e il grande Balzac, salendo qualche scalino raggiungeva Chopen. A volte pensava di poter udire il suo pianoforte ribellarsi alla sua morte. Allungandosi tra le piccole stradine raggiungeva il composto e sarcastico Oscar Wilde e il soprano Maria Callas, e poi poco più in su la melanconica Edith Piaf.

Raggirava con destrezza il sepolcro di Jim Morrison, lo considerava volgarmente profanato, riservato alle sole preghiere di qualche spinello.

La meta era la tomaba di Amedeo Modigliani, per poter sentire il contatto con le sue mani congiunte e i suoi colli allungati.

Monsieur Forlein si arrabbiava per la poca cura nella collocazione del grande pittore, posizionato nel mezzo di lapidi ignote che non gli rendevano giustizia. Ma poi si calmava nel pensare all'umiltà che contraddistinse Modì per tutta la sua vita. E pensava che dopotutto lì in mezzo, lui stava a suo agio. Lo stesso agio che provava nel buttar giù bicchieri di rosso e nell'aggredire le tele.

Poi lui aveva il privilegio di aver al lato destro la sua consorte dormiente Jeanne.

Le date della loro morte, differivano di un solo giorno. Lei si suicidò il giorno successivo della morte di Modì. Jeanne non sarebbe stata in grado di vedere il suo amato solo attraverso i quadri.

E così monsieur Forlain si sedeva con sommo rispetto in mezzo ai due corpi silenziosi, disponeva al suolo i suoi dizionari, e si curava dei suoi pensieri. Quel mercoledì si sarebbe dedicato al giapponese, non perchè avesse un particolare interesse, ma perchè la curiosità si impossessava di lui senza indicargli direzioni primarie di studio.

Ciò che amava di più era scorrere l'indice alfabetico con il ditone. Sceglieva una lettera e studiava con meticolosità tutte le formazioni delle parole con quella iniziale. Si annottava in un libricino le parole di cui si innamorava.

Scrisse la prima sayonara, era un suono piacevole per un arrivederci.

Nella nota richiamata lesse che non aveva lo stesso significato di un nostro comune arrivederci che ignora l'augurio della parola, in giapponese sayonaria è una promessa reale, di un vedersi prossimo e sincero.

Mosse il dito poco più in giù, selezionò setsuzoki ( connessione – contatto), shiai ( contrapposizione) e shin ( anima). Il numero delle parole selezionate variava di settimana in settimana. Lui le fissava per poter creare dei collage, per inserirle nel reparto giusto del suo cervello.

Il tempo stava per scadere, non avrebbe acceso nuovamente le ire del suo datore di lavoro, e i suoi ritardi erano leggende tra i colleghi. Raccolse il materiale, salutò quelle anime compagne sotterranee, e si incamminò a passo veloce verso l'uscita.

Monsieur Forlain era un anonimo cartellino da timbrare regolarmente in un'anonima azienda di prodotti surgelati, a montparnasse. Non avrebbe mai potuto riposare al cimitiere du Pere Laschaise, perchè lui non era dottore in nessuna scienza, perchè a lui non sarebbe mai stato riservato nessun riconoscimento, perchè lui era solo capace di friggere patatine destinate ad essere surgelate sotto i tetti parigini. Per questo le sue ore al cimitero le ingoiava come un segreto, non si sarebbe mai permesso di sfidare il sistema classista dei suoi anni. No.No. Lui non ne sarebbe mai stato capace.

6 commenti:

  1. woooww...senza parole. proprio bello. mi sa che qui ragazzi state prendendo una piega un po' troppo avanti per le mie capacità...

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  2. Eros, Thanatos, dizionario, un dizionario, desiderio di gloria eterna....

    sec me lo potresti continuare, sarebbe un peccato l'idea e' bella e originale!

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  3. confermo ciò che il buon pippo vespa asserì: l'eleganza e la cura del dettaglio descri-riflessivo (filo semprepresente nelle tue narrazioni) sembrano preludi di romanzi o di storie infinite.
    O no. Forse va bene anche cosi. E questione del tempo narrativo pacato ed introspettivo, distante da ciò che viene chiamato quotidiano;un tempo maledetto. Forse continuando la storia il frutto dell'albero del pessimismo matura, e non rimarrebbe solo, un comunque affascinante, bocciolo.

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  4. Modì and Jeanne. I colori dell'anima.

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  5. Secondo me il più bello che hai scritto sinora. un saluto pips

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  6. grazie cari amici lettori di aver tempo di leggere le mie malefatte.questo racconto è stato partorito, e per questo non ci sono molto affezionata. mi sembra compresso rispetto alle idee. e perciò giustifico il taglio finale del boia. se potessi sostituire la letteratura al diritto..

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